Il tempo è la vera ricchezza
Incongruenza
«Ciao Mario, ho saputo che ti sei laureato! Complimenti! Ma come hai fatto che sei sempre impegnato al lavoro?»
«Grazie, beh, ho studiato a tempo perso.»
«Vieni Paolo, ti mostro il mio nuovo tavolo.»
«E’ davvero un bel lavoro Carlo, ti saranno servite molte ore di lavoro, come ci sei riuscito?»
«Beh si, ho lavorato a tempo perso.»
Un argomento non attuale
La riflessione sul tempo, in quanto elemento simbolico della vita umana, non possiede una qualsiasi attualità immediata (N. Elias). Il tempo assume rilevanza come simbolo sociale che regola l’attività umana nel costrutto che chiamiamo giorno.
La disponibilità di unità temporali per le attività umane di qualunque genere è uno degli aspetti relativi alla più ampia questione della realtà. E’ lecito pensare che un’alta percentuale di persone soffra della sensazione della mancanza di tempo, in correlazione agli impegni agli imprevisti e al desiderio di massimizzare il rendimento dei minuti disponibili.
Il tempo utile
Il tempo è una struttura concettuale che si riferisce alle unità del reale, i fatti e gli eventi si manifestano nel qui ed ora, usiamo la memoria per ricordare quelli già verificatisi, usiamo l’intelletto per programmare quelli non ancora accaduti.
Il giorno, e la sua divisione in parti, è la disponibilità che ogni persona gestisce, la durata del giorno è una convenzione valida sul pianeta Terra poiché si basa sul ciclo luce/buio – attività/sonno creato dalla stella di riferimento chiamata Sole. Se vivessimo su altri pianeti, come ad esempio Giove, avremmo a disposizione un patrimonio temporale differente perché il giorno ha una diversa durata.
Oltre agli elementi astrali, la struttura del tempo è soggetta ai fattori sociali, pertanto una persona suddivide la propria giornata in tempo privato e pubblico, in tempo lavorativo e cosiddetto tempo libero. Il tempo utile è comunemente riferito alle ore e ai minuti occupati in attività personali, positive, proficue, soddisfacenti. Al contrario nel senso comune, il tempo perso si identifica nelle unità passate senza uno scopo, infruttuosamente.
Il tempo perso
“L’ozio è il padre dei vizi” recita un proverbio popolare, il quale ammonisce implicitamente di non cadere nella cattiva abitudine di lasciarsi andare all’inoperosità. Non siamo interessati alla questione dell’ozio come attività riqualificata da moderni motivatori e guru, riteniamo piuttosto che sia uno spunto di riflessione in merito alla questione temporale moderna.
All’opposto del tempo utile si posiziona il tempo perso, ossia ogni unità scandita dall’orologio che non è impegnata in azioni produttive. La moderna vita urbana impone a qualunque cittadino numerose attività che si ammucchiano creando stress fino al termine della giornata lavorativa. I momenti di attesa prima di attivare o terminare un progetto, un’operazione, sono esempi di tempo perso.
Se l’automobile si guasta, si rimane fermi ad attendere un passaggio di fortuna o l’intervento del meccanico, è tempo perso. Vedere impotenti le chiavi di casa cadere dentro il tombino fognario apre uno scenario imprevisto, con conseguenze immediatamente immaginabili relativamente agli impegni seguenti, ci prepariamo consciamente a perdere tempo per recuperarle oppure a cercare una diversa soluzione per introdurci in casa.
Il professionista ingaggiato ci invia il documento sbagliato, dobbiamo chiederne uno corretto, nel frattempo tutta la procedura amministrativa/burocratica si ferma e perdiamo tempo, forse anche denaro.
Ladri di tempo
Il furto di tempo non è un reato previsto dal codice penale, pertanto non si possono chiedere risarcimenti ufficiali, non si possono fare denunce. Tuttavia, è possibile quantificare il tempo che ci viene sottratto dalle persone in ogni luogo che frequentiamo.
L’esempio più immediato si può fare con l’ingorgo stradale: rimaniamo incolonnati in fila aspettando che qualcuno o qualcosa lasci ripartire il serpentone di auto. In un qualsiasi ufficio pubblico, attendiamo vedendo scorrere i minuti sull’orologio, ci chiediamo cosa mai potrà far ritardare così tanto il nostro turno. Ci troviamo in fila dentro il negozio del panettiere, o alla cassa del supermercato, inerti, in attesa, poniamo attenzione alle azioni di chi ci precede, siamo sensibili alla noia.
Sul luogo di lavoro chiamiamo imprevisti tutti gli ostacoli che non ci permettono di rispettare gli orari stabiliti, che allungano la permanenza. Sono imprevisti anche gli intoppi che creano il pericolo di perdere un treno, un aereo, una coincidenza, un appuntamento.
I responsabili degli imprevisti, quindi del tempo perso, sono solitamente altre persone. Chi compie i furti di tempo non è sempre consapevole, si tratta di abitudini negative, comportamenti egoistici, ampia tolleranza dei cosiddetti tempi morti, incuria generale.
Esistono casi in cui certe persone tolgono ad altre tempo prezioso in modo deliberato e consapevole: il capoufficio convoca l’impiegato per discutere di un progetto proprio a ridosso del termine dell’orario di lavoro. Ancora, il vicino di casa soffre di solitudine e ci blocca in lunghe chiacchierate, pur sapendo che abbiamo degli impegni. Un incontro casuale ci ripresenta un conoscente che non vedevamo da lungo tempo, il quale chiede fotografie e documenti sepolti in vecchi scaffali: un servizio gratuito che porta via tempo alle normali incombenze.
La burocrazia, di qualsiasi genere, ruba tempo a chiunque, chiede chiarimenti e informazioni dettagliate aggiuntive, spesso in modo maniacale e irrazionale. La burocrazia è composta da persone, le stesse che la perpetuano senza migliorarla, allungano i tempi delle pratiche secondo direttive dirigenziali cristallizzate in anni di pervicace insistenza.
«Il tempo è un bene scarso»
(N. Luhmann, 1990)
Il tempo è denaro
La vita attuale (moderna) è regolata da ritmi temporali precisi, la cui scansione è data dall’orario. Si tratta di un fatto scontato quanto banale, dalla nascita ogni persona è sottoposta a prescrizioni in riferimento all’orologio e al calendario: data e ora di nascita, visite mediche periodiche, orari dei pasti, orari di gioco prima e di studio/lavoro poi, ingresso a scuola, congedo scolastico, entrata nel mondo del lavoro, orari giornalieri divisi in tempo di lavoro e tempo libero, entrata nell’età della vecchiaia.
L’orario e il calendario sono stati assunti come riferimenti della vita sociale, in particolare quella economica. Relazioni, attività, interessi, interventi professionali sono elementi quantificabili in termini monetari, ma il “quanto” si riferisce all’unità di tempo entro cui si realizzano.
L’espressione «Il tempo è denaro» è di Benjamin Franklin e compare sul saggio dal titolo “Advise to a young tradesman” del 1784. Tale espressione è stata poi ripresa da Georg Simmel nelle sue riflessioni sulla moderna metropoli e il ruolo che ricopre in essa l’economia monetaria.
Quanto costa un’interazione con un insegnante? Quanto costa il colloquio con un commercialista? Quanto vale l’intervento di un artigiano per riparare un congegno? Quant’è la perdita in termini monetari per un’attesa protratta o per un appuntamento mancato?
Ogni persona potrebbe valorizzare il proprio tempo valutando, in effetti, la propria opera sulla base delle priorità in vista di obiettivi: terminare un progetto e farsi pagare, ottenere una laurea e metterla a frutto, allenare una squadra affinché vinca il torneo locale e il campionato nazionale; acquistare e vendere titoli finanziari al momento giusto.
Accelerare
Le unità di tempo sono prestabilite, ogni giorno è composto strutturalmente da ventiquattro ore. Entro quei limiti, consciamente o meno, svolgiamo le varie attività obbligatorie e voluttuarie. Spesso certe faccende richiedono maggiore tempo del previsto, sottraendone ad altre programmate in successione. Oppure, come già citato più sopra, sopraggiungono imprevisti di tipo casuale oppure umano: guasti, errori, attese, furti di tempo.
Il primo prodotto di questo sforamento è lo stress, l’ansia di non riuscire a raggiungere i risultati previsti. Il secondo prodotto è l’attivazione del raziocinio per risolvere l’inconveniente. Un espediente comune è accelerare il processo di lavoro. Aggiungere velocità nel fare.
Si tratta invero di un principio introdotto dall’industria e dall’economia: ridurre il divario tra la produzione di un bene e la sua effettiva disponibilità nelle mani del consumatore finale. Accelerare la velocità di spostamento su rotaia, su strada, in aria. Accelerare le scoperte scientifiche per velocizzare il progresso.
Nell’attuale società dell’informazione, la comunicazione è accelerata: convoglia informazioni in tempo reale, unisce le persone in conversazioni a qualsiasi distanza, fornisce un numero enorme di contenuti.
Acceleriamo le pulizie domestiche, velocizziamo i lavoretti di riparazione, leggiamo velocemente un articolo, salutiamo frettolosamente un conoscente per strada, dedichiamo meno tempo a cucinare, acceleriamo il consumo del pranzo, riduciamo le parole sulle chat per aumentare il numero di messaggi inviati.
Sul luogo di lavoro è richiesto un progressivo aumento di velocità per rimanere al passo dei concorrenti, per acquisire quote di competitività, per raggiungere gli obiettivi di vendita.
La percezione della mancanza di tempo crea la fretta, installa il senso di urgenza.
Un breve racconto di velocità
«Due uomini durante un safari si trovano scalzi dopo un bagno in un laghetto, notano che un leone si sta avvicinando velocemente.
Uno dei due si infila le scarpe, l’altro disperato gli dice:
“E’ troppo vicino, non riusciremo a correre così veloci!”
Quello delle scarpe replica: “a me basta correre più veloce di te!”»
Ottimizzare i tempi
Esaurita la capacità di accelerare le operazioni quotidiane, ci si rivolge alla tecnica di ottimizzazione delle unità temporali a disposizione.
Spesso inconsciamente, chiunque ha tentato di incastrare i vari impegni nelle caselle vuote visibili in agenda. Ma in sostanza, ottimizzare i tempi significa scegliere il momento migliore per entrare in posta, vale a dire quando di solito c’è meno assembramento. Lo stesso ragionamento vale per recarsi a fare rifornimento di carburante al distributore più economico della città.
Oppure, riunire in un unico spostamento una serie di commissioni: vicino al supermercato troviamo il negozio di giocattoli, la pizzeria al taglio, la lavanderia e il calzolaio.
Infine, di frequente si devono utilizzare le ore serali o notturne per terminare certe pratiche amministrative e burocratiche per il giorno seguente.
Ritagli di tempo
Nell’economia della giornata, dobbiamo valutare e calcolare le unità di tempo sulla base degli impegni, non possiamo trascurare le priorità come il lavoro e la famiglia. Gli orari convenzionali imposti dagli obblighi sociali spaziano sull’intera giornata, occupando le parti migliori. Spesso, rimangono disponibili parti mobili sulle varie fasce orarie, strisce di disponibilità limitata talvolta anche brevi, che non tutti gli individui riescono a sfruttare.
La metafora del disegno da ritagliare è emblematica del caso. Sagomata l’immagine principale rimangono pezzi di carta sul tavolo con il loro valore simbolico: cosa ne facciamo?
Potremmo usarli come coriandoli per una festa, i pezzi più grandi usarli per annotare la lista della spesa. I ritagli di tempo hanno lo stesso valore simbolico, sono disponibilità da utilizzare eventualmente per fare piccole commissioni, piccole riparazioni, per mettere mano a un certo disordine, oppure infine per impostare operazioni/lavori che necessitano di maggiore tempo.
Le attese sono ritagli di tempo in pericolo di essere persi, possiamo tentare di ottimizzarle facendo dei lavoretti, parti di lavori più grandi.
Sono talmente tanti gli impegni quotidiani che spesso la giornata offre solamente piccoli spunti personali, pochi e piccoli ritagli di tempo.
Il tempo libero
Svolte le pratiche obbligatorie del lavoro remunerato, delle faccende famigliari improrogabili, di tutto ciò che è prioritario (impegni diversi), possiamo dedicarci alle attività piacevoli oppure al “dolce far niente”.
Rispetto ai secoli passati, il tempo disponibile fuori dagli impegni obbligatori è aumentato in modo esponenziale. Dal secondo dopoguerra, le conquiste sociali hanno incluso la riduzione dell’orario di lavoro e l’aumento dell’offerta ricreativa. Il volontariato, lo sport, la visita presso i musei e le mostre, i viaggi.
E’ un oggetto sotto inteso, se ne sente parlare all’opposto di tutto ciò che non è tempo dedicato al lavoro. Il tempo libero è una risorsa molto apprezzata e ricercata, sebbene sia meno raro di molti anni fa.
Il tempo dedicato al lavoro è organizzato, strutturato; il tempo libero è flessibile, aleatorio, non è rigido. Il tempo libero possiede in sé l’incognita di come impiegarlo. E’ facile constatare di non averlo sfruttato appieno solo alla fine della giornata. Basterebbe essere consapevoli del senso che assegniamo allo stesso tempo libero per dargli effettivo valore.
Attorno al bar del vicinato notiamo ogni giorno persone che vi stazionano sedute ai tavolini oppure appoggiate al bancone. Si trovano in quelle posizioni in vari momenti della giornata. L’unico cambiamento può essere l’utilizzo dello smartphone. La loro caratteristica è passare il tempo senza fare alcuna attività apparente.
Il tempo privato
Nell’insieme delle opportunità che chiamiamo tempo libero, ne osserviamo un altro che include le unità temporali non condizionate da agenti esterni alla persona. Il tempo privato è un patrimonio di disponibilità per la cura di sé stessi, senza l’obbligo di passarlo a contatto con il pubblico. Il tempo privato può includere altresì le operazioni di cura delle persone care, famigliari e amici.
Durante il tempo privato, la persona può estraniarsi e risultare inaccessibile agli altri. In tali ritagli di tempo, piccoli o grandi che siano, solo i famigliari e gli amici intimi possono essere autorizzati a stabilire una comunicazione, mentre tutti gli altri (conoscenti, colleghi, estranei) potrebbero ottenere del biasimo per la tentata intrusione. Scocciatore, disturbatore, rompiscatole sono qualifiche elargite alle persone che infrangono la riservatezza altrui e il suo desiderio di inaccessibilità.
L’attuale società riconosce momenti di allontanamento dalla socialità e quindi pure dalla vita pubblica, per la cura della propria persona, per compiere un arricchimento personale (letture specifiche, allenamenti fisici particolari, riflessioni preparatorie). Nel privato la persona si ritira per sfuggire al sociale, si tratta di ciò che modernamente è chiamata tutela della privacy.
Il tempo privato è totalmente svincolato dalle pressioni esterne, quindi sociali, esso è completamente disponibile per i desideri individuali. Pare che gli individui occupino il proprio tempo privato in modo solitario, che di frequente si fermino davanti alla televisione o al computer.
Nel passato, i nostri predecessori (genitori e nonni) impiegavano il loro tempo privato facendo visita ad altre persone, si dedicavano alla cura di parenti e di conoscenti bisognosi. Attualmente le opere di assistenza e mutuo aiuto sono collocate nella sfera del tempo libero, più rispondente al carattere sociale. Il volontariato dei “caregiver” fornisce un’efficace immagine di coloro che impegnano il proprio tempo a favore dei propri famigliari.
Poter contare su quote di tempo privato, in ultima e rassegnata analisi, è necessario e auspicabile. Tuttavia, i condizionamenti della vita lavorativa e di quella famigliare pongono pressioni affinché la maggiore disponibilità di tempo sia destinata ad attività non personali. Gli svaghi offerti dal tempo libero non forniscono lo stesso beneficio in quanto implicano relazioni interpersonali, talvolta molto stressanti.
Non vedere l’ora
L’attesa è uno stato comune nella vita metropolitana. Attendiamo che si verifichino le condizioni per compiere un’azione, per ricevere una visita, una risposta, un oggetto.
«Non vedo l’ora che arrivi domani per andare alla festa!»
«Non vedo l’ora che arrivi il libro che ho ordinato.»
«Sto aspettando che arrivino le mie medicine in farmacia.»
Sembra quasi che l’intera procedura dell’attesa sia diventata un modello commerciale, tanto siamo sottoposti alla logistica dei trasporti. Anche l’attesa del giorno dopo, per partecipare a un evento (parola molto di moda attualmente, dal chiaro sapore di marketing) richiama un contenuto di senso squisitamente economico.
Fare shopping online pone di fronte alla discrepanza tra tempo attuale dell’acquisto e tempo posticipato della consegna. Recarsi in un centro commerciale a fare la spesa richiede un consumo di tempo, via via maggiore in misura proporzionale alla grandezza dello stesso luogo (o meglio “non luogo”) visitato: spostamento in loco, attesa per il parcheggio, attesa per entrare nei vari negozi, attesa alla cassa, attesa per uscire dal centro commerciale.
«Non vedo l’ora di andare a fare shopping!!»
Forza coercitiva
Nella società attuale in cui viviamo (occidentale, sviluppata, differenziata per funzioni, complessa, secolarizzata, inclusiva) il simbolo chiamato tempo rappresenta un mezzo di orientamento imprescindibile per la vita quotidiana. Nelle società più semplici di questa, la vita umana risulta regolata da ritmi correlati alle sequenze naturali, esistono meno costrizioni poste da costrutti sociali.
La società complessa si affida all’orologio per comunicare a tutte le persone una serie di informazioni cui tutti si devono attenere. L’orologio è un mezzo per regolare i comportamenti degli individui. L’orologio è lo strumento che ci permette di calcolare il tempo disponibile. Gli orari di lavoro, dei mezzi di trasporto (bus, tram, treni, aerei), di ogni impegno, creano costrizione al loro rispetto. Gli orari esercitano una particolare forza coercitiva sulla gente, non violenta ma reale; essi mettono ordine nelle attività collettive e individuali.
Dal canto loro, le persone si regolano quotidianamente in base agli orari, creando esse stesse un’auto costrizione. In breve, la società in cui viviamo si orienta sulla base di orari calendari calcolo del tempo, pertanto gli individui devono fare altrettanto.
Conoscenza simbolica
Lo scorrere del tempo è un fatto indiscutibile per la maggioranza delle persone, tuttavia il tempo rimane un mistero trascurato, simbolicamente nella sua trattazione è sostituito dall’orologio e dal calendario, che oggettivamente rappresentano modelli di orientamento pratico. Non sono sufficienti i ritmi naturali ad orientare l’essere umano, poiché le sequenze delle attività sociali seguono e impongono proprie logiche indipendenti dagli avvenimenti naturali.
Il concetto del tempo è appreso in modo sociale, assieme alle altre informazioni basilari, è parte integrante della conoscenza. Nello specifico, è fondamentale apprendere la distinzione netta di ciò che è già avvenuto (il passato), di quanto è successo in seguito, di ciò che sta avvenendo ora (il presente). Non potendo prevedere né tanto meno stabilire con certezza quanto accadrà dopo il momento presente (tra minuti, ore, giorni, mesi), l’essere umano si affida alla programmazione, accettando un certo grado di probabilità relativa alla realizzazione di eventi e fatti. Tale conoscenza simbolica dei fatti temporali non è manifesta, non è discussa apertamente, bensì rimane implicita. Il futuro rientra nel calcolo statistico.
Calcolo quotidiano
La complessità del concetto di tempo ci impone una semplificazione, una sintesi, una riduzione utili a non rimanere impigliati nelle sue equazioni. La vita sociale, più propriamente identificata nella vita lavorativa, è modello funzionale al calcolo del tempo quotidiano. I fatti personali sono visibili sulla linea temporale per distinzione di sequenza, è la storia di ognuno e comprende le interazioni esperite con altre persone comparse nei loro ruoli: genitori, insegnanti, istruttori sportivi, personaggi religiosi, dirigenti d’azienda, eccetera.
Calcoliamo quante unità di tempo abbiamo a disposizione per ogni attività, operazione, obbligatoria (lavorativa, amministrativa, burocratica, assistenziale), facoltativa/libera (leggere, giocare, guardare un film, fare sport, visitare parenti e amici).
Correggere l’incongruenza iniziale
Se Mario e Carlo non avessero calcolato e gestito propriamente le unità di tempo a loro disposizione, non avrebbero raggiunto i loro obiettivi. Utilizzare la specifica “a tempo perso” per indicare una modalità positiva è decisamente fuorviante.
In realtà Mario e Carlo hanno utilizzato correttamente il loro tempo utile. Con tutta probabilità, “a tempo perso” può voler dire di aver impiegato proficuamente del tempo che altrimenti sarebbe andato perso, di fatto Mario e Carlo hanno ottimizzato dei ritagli di tempo.
Abbiamo l’impressione che a nessuno interessi elucubrare sul senso del tempo, sui suoi limiti. La gente parla spesso del tempo atmosferico e delle previsioni meteo ma non di come rendere produttivi i ritagli di tempo a propria disposizione.
La struttura concettuale creata dagli orologi e dai calendari impone una particolare forza coercitiva, che regola la vita sociale a tutti i livelli: senza il rispetto degli orari, non si rispetterebbe un appuntamento galante e nemmeno il corretto ingresso sul luogo di lavoro. Gli individui calcolano automaticamente quante unità di tempo hanno a disposizione e altrettanto automaticamente inseriscono le attività nei limiti quotidiani.
La parte migliore della giornata si apre nel momento del tempo libero ma soprattutto davanti all’agognato tempo privato, che è un piccolo o grande patrimonio da sfruttare per il proprio benessere psico fisico.
Perdere tempo non piace a nessuno, lo si evince in fila alla cassa del supermercato osservando i clienti che provano vari espedienti per passare avanti. Il tempo è realmente un bene scarso, disporne in quantità piccole o grandi rende il possessore un moderno benestante.
Riferimenti bibliografici
E. Zerubavel, “Ritmi nascosti”, Il Mulino, Bologna, 1985
N. Elias, “Saggio sul tempo”, Il Mulino, Bologna, 1986
V. D’Alessandro, “La costruzione sociale del tempo”, Franco Angeli, Milano, 2002
L. Baier, “Non c’è tempo!”, Bollati Boringhieri, Torino, 2004
G. Simmel, “Le metropoli e la vita dello spirito”, Armando Ed., Roma, 1995
G. Simmel, “Il denaro nella cultura moderna”, Armando Ed., Roma, 1998
Articoli correlati