Alcune note sulla mobilità urbana

Mobilità urbana

Muoversi in città è un aspetto trascurato della vita quotidiana

 

 

Mobilità urbana
Alcune note sulla mobilità urbana

 

 

 

Lo spazio, il tempo, lo spostamento

Taluni studiosi affermano che le distanze siano state dissolte. La globalizzazione dei trasporti ha collegato ogni luogo conosciuto del pianeta Terra. Non è tanto lo spazio ad impensierire il viaggiatore, quanto il fattore tempo.

Spostarsi da un luogo all’altro è un argomento temporale. Si tratta di piccoli o grandi spostamenti, dentro o fuori dalla città: mobilità intra o extra urbana. Mobilità fisica o virtuale.

 

 

La mobilità è senza dubbio un elemento centrale della vita contemporanea.”

G. Martinotti

 

La mobilità urbana, soprattutto in termini di tempi e mezzi per recarsi al lavoro, è un tema di analisi centrale nel quadro della riflessione sulla qualità della vita e la crescita sostenibile delle aree urbane nel Mondo.”

G. Nuvolati

 

 

Panoramica

Il movimento è indice di sviluppo quando comporta un mutamento del movimento in risposta a nuovi stimoli o a nuove situazioni: questo mutamento del movimento è detto mobilità. (…) Evidentemente la mobilità comporta un mutamento, nuove esperienze e nuovi stimoli” (Ernest W. Burgess).

Raggiungere il luogo di lavoro è tra le prime motivazioni del movimento urbano, chiunque può aggiungere altre giustificazioni alla base dei propri bisogni. La mobilità singolare o di massa è una realtà sottointesa, che rientra nelle cronache generalmente per i problemi di congestione del traffico.

Nelle sue varie forme e connotazioni, la mobilità è un fenomeno sociale dominante ma, mentre il movimento delle popolazioni attraverso la superficie del pianeta è una delle caratteristiche della specie umana, non c’è dubbio che sia la città, in particolare la città contemporanea, a fornire l’ambiente fisico e culturale in cui il sistema di mobilità si è sviluppato al suo massimo” (G. Martinotti, 2007).

 

 

Mobilità = comunicazione

Il lavoro e lo studio sono i principali motivi, poi di seguito tutti gli altri, che insieme creano le opportunità di relazione e perciò di comunicazione delle persone.

Nel termine mobilità inseriamo anche la mobilità virtuale, che tutti conosciamo bene. La mobilità pertanto è un fenomeno sociale, se ne servono tutti ogni giorno, ma essa passa inosservata, scontata, sottovalutata.

 

Un argomento ignorato?

Vivere in città è un fatto normale per milioni di persone in tutto il mondo. Il soggiorno in una qualsiasi città apre scenari abituali. Numerosi sono gli studi relativi alla vita sociale in città, alle opportunità occupazionali, al degrado, alla desertificazione, ai vari problemi che affliggono l’ambiente urbano. Sensibilmente meno numerosi sono gli studi che riguardano il movimento.

Muoversi dentro e fuori la città può diventare un incubo se il sistema della mobilità non funziona a dovere. Rimanere imbottigliati nel traffico e arrivare in ritardo a un appuntamento non può essere la normalità. Essere piantati in asso dal trasporto pubblico non è ben tollerato da nessuno. Si perde tempo.

La nostra società si basa sul sistema di mobilità urbana (ed extra urbana), si tratta di scambi informativi, commerciali, di spostamenti fisici delle persone. È facilmente comprensibile che l’interruzione o l’ostacolo imposti alla mobilità creino problemi piccoli o grandi a tutte le attività, sociali ed economiche.

 

Mobilità sostenibile

Si tratta dell’argomento principale in relazione allo spostamento dentro e fuori la città. Sostenibile è la mobilità urbana che non pesa gravemente sull’ambiente, che non produce quantità esagerate di inquinamento (CO2 in primis). Il pervicace utilizzo dell’auto personale, ignorando altre soluzioni (come ad esempio il trasporto pubblico), è il principale indiziato dell’inquinamento urbano.

 

Mobilità urbana
Mobilità urbana non sostenibile

 

Non sono poche le persone che potrebbero utilizzare la bicicletta per spostarsi in città, ma che tuttavia non vogliono rinunciare alla propria auto.

Questo tema è particolarmente caro alle frange politicizzate dentro e fuori il governo locale. Cosmopoliti, radical chic, simpatizzanti, globalisti, progressisti veri o presunti sventolano la bandiera ecologista per la difesa dell’ambiente, se ne appropriano più per motivi ideologici che per reale passione. Propugnano soluzioni dal sapore illuminato per rendere effettivamente sostenibile la mobilità urbana: “car sharing”, “car pooling”, “public transport”, “public service”, “biking”, “push scooter”. Tutto rigorosamente in inglese, come se l’utilizzo della lingua italiana fosse una volgarità inaccettabile.

Rendere sostenibile il movimento delle persone in città è materia di ordine educativo e culturale, di sicuro non ideologico. Risulta particolarmente difficile convincere la gran massa dei cittadini a non usare l’auto, dopo decenni di abitudine, dopo il bombardamento pubblicitario dell’industria automobilistica a favore della vendita di sempre nuovi modelli.

Se infine consideriamo la bassissima stima che viene attribuita al trasporto pubblico di certe città (Roma?), il quadro della mobilità sostenibile diventa alquanto avvilente. Piste ciclabili e zone pedonali sono costantemente violate da guidatori di motorini, di ciclomotori, persino di automobili.

Oltre a normative comunali dedicate, servirebbero controlli severi, ma anche iniziative educative volte a divulgare i benèfici effetti personali e collettivi della vera mobilità sostenibile.

 

 

Gli artefici della mobilità

È banale, ma comunque necessario, puntualizzare il fatto che chi si muove crea la mobilità. Proseguendo nella banalità più assoluta, ci chiediamo chi siano, nello specifico, le persone che si muovono in città. Successivamente, si aggiungeranno altri elementi come il significato dello spostamento.

L’individuo resta al centro dell’analisi sulla mobilità urbana e lo resta non soltanto dal punto di vista degli atteggiamenti e dei comportamenti finali posti in atto nelle varie fasi di spostamento, quanto rispetto all’insieme dei bisogni, delle conoscenze e dei valori che caratterizzano il suo vissuto e orientano la sua disponibilità futura al movimento” (G. Nuvolati).

 

 

Popolazione in movimento

Siamo tutti, o quasi tutti, residenti/domiciliati presso un luogo, un numero civico, quindi siamo abitanti di una città. La figura del pendolare si è aggiunta a quella dell’abitante, dando nuovo senso alla vita urbana: egli si trasferisce in una città per lavorare, per tornare a dormire in quella di residenza/domicilio. Il fenomeno del pendolarismo chiede infrastrutture di trasporto (mezzi pubblici, veicoli privati, strade, servizi annessi), la mobilità urbana diventa sempre più frenetica.

La città offre servizi e prodotti commerciali, generici o esclusivi, compare per questo una terza figura urbana chiamata consumatore (nello specifico “city user”), che entra ed esce temporaneamente, aggiungendo altra mobilità.

Infine, circolano in città i “metropolitan businessmen”, si tratta di una popolazione affine ai consumatori generici ma con caratteristiche più raffinate: visitano le zone produttive (economiche, finanziarie, professionali), consumano prodotti di più alto livello (Martinotti, 1993). Gli uomini d’affari fanno talvolta lunghi spostamenti, contribuendo a loro modo all’aumento della mobilità urbana.

 

Mobilità urbana
Le popolazioni metropolitane (G. Martinotti, 1993)

 

Conseguenze

L’intera popolazione indistinta di una città crea su di essa una pressione, osservabile da diverse prospettive: sociale, economica, residenziale, di mobilità. I consumatori e gli uomini d’affari (anche chiamati popolazione non residente – PNR) creano una pressione diversa e più importante rispetto alle altre due categorie di popolazione urbana (abitanti e pendolari).

“City users” e “metropolitan businessmen” tendono ad aumentare la propria presenza, ovvero ad aumentare il carico che grava sul sistema della mobilità. Eventi fieristici, summit internazionali, concerti di artisti famosissimi, partite di calcio, rendono bene l’idea dei flussi di persone (consumatori e lavoratori) richiamate da fuori città che pesano sul trasporto locale. Traffico congestionato, code interminabili, servizi di ristoro sovraffollati, sono immediate conseguenze dell’afflusso verso la città.

Per soddisfare i bisogni dei consumatori (di qualsiasi tipo), le amministrazioni locali concedono licenze di costruire ovunque e di convertire porzioni urbane storiche al commercio. Il carattere residenziale viene così snaturato, a favore della sempre maggiore destinazione al consumo e alla relativa mobilità.

Il tessuto urbano viene dotato di non-luoghi, spazi anonimi di carattere commerciale, dove il passaggio e il movimento si uniscono all’indifferenza sociale.

 

 

Sprawl!

La città moderna si allarga verso le zone periferiche, ingloba nuovi territori, tanto che in certe zone urbanizzate gli avventori devono chiedere informazioni: «siamo nella città X oppure nella vicina Y?» La città si perde in uno spazio incerto (Martinotti).

Gli studiosi chiamano città compatta l’insediamento urbano non disperso/diffuso in ampie zone limitrofe. Il classico esempio rimanda alle mura storiche e ai quartieri costruiti tutti intorno, in anni di urbanizzazione costante.

Non tutti amano l’evoluzione negativa della città compatta, pertanto, chi se lo può permettere “emigra” fuori dalla città compatta, esplora zone di nuovo urbanesimo lontano dal centro e dalle prime periferie. Questo è lo sprawl, ossia la ricerca di nuovi spazi più vivibili senza perdere i vantaggi della vita tipicamente urbana (Pieretti 2007, 2012).

Lo sprawl non risolve il problema della mobilità urbana, bensì lo accentua con l’idolatria dell’automobile privata, per agio personale e/o per carenza di servizi pubblici. Per fare la spesa, per portare i figli a scuola al parco in palestra, per andare al lavoro, per andare in un ambulatorio, le persone insediate in villette sprawl si spostano di continuo, ogni giorno.

La loro mobilità è sempre meno sostenibile, così come lo è lo spreco di territorio delle immobiliari che allargano sempre di più le aree residenziali, a vantaggio di nuovo sprawl.

Inoltre, non è sicuro che lo sprawl garantisca un miglioramento della vita sociale, anzi, pare che contribuisca alla segregazione socio-spaziale di persone socialmente ed economicamente simili (Pieretti, 2012).

 

Mobilità urbana
Esempio di villette sprawl

 

Trasporto locale / trasporto autonomo

Come si muove la gente in città? Nelle grandi metropoli, le persone scelgono volentieri il trasporto pubblico locale per giungere a destinazione (Berlino, Parigi, New York).

La metropolitana, dove è presente, rappresenta un’ottima scelta per evitare il traffico e ottimizzare i tempi di spostamento, su brevi e lunghe distanze.

Nei piccoli centri urbani, le persone scelgono spesso mezzi autonomi, principalmente l’auto, il motorino (scooter), in misura minore la bicicletta.

La distanza da percorrere influisce, solitamente, sulla scelta del veicolo. Tuttavia, non è sempre vero, se consideriamo l’ostinazione con cui alcune persone usano l’automobile personale per coprire distanze molto brevi.

 

Mobilità urbana
Il trasporto pubblico sarebbe una buona soluzione per la mobilità urbana

 

Il fattore tempo è parte integrante della logica di scelta del mezzo più conveniente. Il trasporto locale pubblico sarebbe la prima scelta in ragione della sostenibilità ambientale, tuttavia lo si trova spesso nelle ultime posizioni a causa di variabili importanti:

  • ha orari rigidi, può giungere in ritardo alla fermata, può non essere affidabile;
  • può essere affollato;
  • il prezzo del biglietto.

L’auto privata vince il confronto con il trasporto pubblico (bus e tram) perché consente libertà e flessibilità di utilizzo.

 

Strumenti di mobilità lenta

Bicicletta e monopattino sono inclusi nell’insieme chiamato “modalità lenta”, al pari dello spostamento a piedi. La bicicletta rappresenta un vero e proprio stile di vita, come testimoniato da paesi del Nord Europa, Olanda ad esempio. I suoi benèfici effetti, sul fisico e sul risparmio energetico generale, dovrebbero essere sufficienti ad eleggerla regina della mobilità urbana. In realtà, nel nostro Paese, la bicicletta pare essere sempre una seconda o terza scelta dopo l’auto privata.

Ancora diverso è il caso del monopattino, che negli ultimi tempi è stato scelto da numerosi giovani e meno giovani per spostarsi, forse con aspettative di grande velocità. Più verosimilmente, si tratta di un fenomeno di moda, più che di una scelta sostenibile. Per questi e altri motivi, pensiamo che sia necessario un approfondimento.

 

 

Cultura dell’auto

In Italia, le quattro ruote motorizzate hanno influenzato lo stile di vita della maggioranza dei cittadini. La vita urbana è condizionata dall’uso dell’automobile, a poco valgono gli appelli per un minore e più parsimonioso suo uso, a vantaggio della mobilità sostenibile. È una vera e propria cultura dell’auto, adottata da molti, anche da chi è a favore dell’ecologismo. L’automobile è sinonimo di autonomia individuale, di flessibilità, di possesso tecnologico, è uno status symbol.

Essa vincola la mobilità urbana entro schemi rigidi, che non temiamo di definire egoistici. L’industria automobilistica è responsabile di aver contribuito a creare la cultura dell’auto, nella quale rientra il suo consumo senza limiti.

La grande propaganda a favore dello sviluppo automobilistico è stata sorretta dai benefici economici e professionali “regalati” al mondo intero, ma sono stati taciuti gli svantaggi legati all’inquinamento tout court e alla crisi della mobilità sostenibile. Suggeriamo la lettura del saggio di J. P. Womack, D. T. Jones, D. Roos dal titolo “La macchina che ha cambiato il mondo” (Rizzoli, Milano), che spiega come l’affare dell’auto fosse più una sfida di produzione snella ed espansione economica, che un’obiettiva valutazione delle sue conseguenze di medio lungo periodo. Traffico e inquinamento sono questioni lasciate volutamente indietro.

 

La cultura dell’auto per una mobilità urbana disordinata

 

Echi dal passato

Sul finire degli anni ’20 del ‘900, La famosa Scuola Ecologica di Chicago nella persona di Ernest W. Burgess aveva riscontrato alcuni interessanti risultati di ricerca, relativi appunto alla mobilità urbana.

I nostri studi sulla vita urbana a Chicago suggeriscono che la mobilità, cioè il modificarsi della posizione e il movimento della popolazione, è forse il migliore termine di correlazione oggettiva della disorganizzazione sociale in generale e della disorganizzazione famigliare in particolare. (…)

Dove la mobilità è più alta, come nel quartiere centrale degli affari, la vita famigliare è assente o molto precaria, ma gode di buona salute dove la mobilità è bassa, come nei quartieri periferici”.

 

Stile di vita mobile

Il moderno rapporto con le nostre città è opportunamente inquadrabile nella mobilità. Dalla mattina alla sera ci spostiamo per fare qualsiasi attività. Abbiamo sempre una distanza da percorrere, per alcune persone si tratta di percorsi lunghi o medio lunghi. Il movimento dentro il tessuto urbano, specialmente dentro una metropoli, è un’operazione che richiede tempo. Il tempo è denaro, come ci ricorda Georg Simmel nelle sue pagine.

L’urbanesimo è un vero stile di vita (L. Wirth) che include la mobilità, in tutte le sue forme. L’accessibilità ai servizi e ai consumi promuove una certa qualità della vita, essere in grado di raggiungere i luoghi dei servizi e del commercio denota la facoltà di movimento. Che sia per lavoro o per svago, è stata osservata una sempre maggiore propensione personale alla erranza quotidiana.

Nel contesto dello stile di vita errante/mobile, l’automobile privata è votata a maggioranza dei cittadini a rappresentare il protagonista della mobilità urbana, nel bene e nel male.

Il traffico è il principale ostacolo alla mobilità urbana, può essere assunto come variabile (tra le altre) di vivibilità della metropoli.

Passare buona parte della giornata viaggiando per strada ha dei costi non trascurabili: economici, personali, famigliari.

 

 

 

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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