Il gruppo parrocchiale

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Fare visita a un ambiente “sicuro” 

 

 

gruppo parrocchiale
Il gruppo parrocchiale

 

 

Introduzione

Frequentare un gruppo parrocchiale è un buon metodo, per giovani e giovanissimi, per farsi delle amicizie; tuttavia, pare proprio che sia meno facile per chi è adulto. La nostra esperienza si basa sul tempo passato in quattro diverse realtà parrocchiali, in momenti successivi e prolungati.

Premettiamo che questo argomento è rimasto discusso in modo informale, tra amici, spesso nascosto a orecchi indiscreti. Trattarlo potrebbe equivalere ad accendere robuste polemiche, proveremo a spiegare perché.

 

L’ambiente

Fare visita all’ambiente parrocchiale è da sempre considerato come tempo bene impiegato. Riguardo alle attività parrocchiali i discorsi si muovono su valutazioni pressoché positive, in quanto le relazioni interpersonali si dice siano improntate all’accoglienza, all’inclusione, all’amicizia, all’informalità, al mutuo aiuto.

La parrocchia è «quella particolare organizzazione che consente di realizzare la funzione della religione nella società, attraverso specifiche comunicazioni religiose, senza le quali non sarebbe possibile riprodurre la fede» (M. Casini, 1991). L’ambiente parrocchiale promuove attività finalizzate alla catechesi, ossia alla divulgazione della fede.

E’ possibile constatare che ogni parrocchia crea diversi gruppi di incontro, divisi in fasce d’età, nei quali i partecipanti svolgono vita sociale secondo indirizzi spirituali, ispirati agli insegnamenti evangelici.

 

Struttura

La struttura del gruppo parrocchiale è spesso composta dai cosiddetti animatori (“operatori pastorali”), spesso auto definiti “educatori” con velleità pedagogiche; da altri membri collaboranti con i primi (anche detti “spalleggiatori” o “aiuto operatore”); infine da tutti gli altri, ossia l’insieme eterogeneo che comprende gli ultimi arrivati, gli invitati a vario titolo, i timidi.

Abbiamo osservato che i gruppi sono tenuti insieme da coloro che si prendono (o sono stati insigniti da) la responsabilità della loro gestione. I responsabili del gruppo forniscono un servizio (volontario e solidaristico) alla parrocchia e ai membri, in quanto avrebbero il compito di creare e ravvivare interazioni, al fine di consolidare e allargare il gruppo stesso. Nonché, ovviamente, a condurre la catechesi nel gruppo.

Esistono poi gruppi speciali che si occupano di attività operative, come l’assistenza alle persone indigenti, alle persone in difficoltà abitativa e di lavoro, che danno aiuto ai casi sociali dimenticati dal locale sistema di welfare. I responsabili di questi gruppi speciali svolgono un ruolo delicato e di grande importanza.

 

Gruppo parrocchiale di incontro

Si tratta della realtà più numerosa e con più visibilità. Vi fanno parte i gruppi del catechismo con i membri più giovani, i gruppi degli adolescenti, quello degli universitari, infine i gruppi delle famiglie e quello degli anziani.

Ogni gruppo, ribadiamo, ha uno o più animatori che di solito corrispondono ai responsabili dello stesso, ne sono il fulcro, dipende da loro il successo delle relazioni e della comunicazione tra i membri. In pratica sono il collante relazionale, dovrebbero saper motivare tutti a partecipare agli incontri e alle attività, senza lasciare indietro nessuno. I protagonisti del gruppo parrocchiale dovrebbero agire creando una mutualità a favore di tutti i membri.

In almeno tre delle quattro esperienze parrocchiali abbiamo osservato la deriva del responsabile e/o dei suoi collaboratori, i quali hanno confuso il servizio col personalismo fino ad arrivare al culto della propria identità.

In altre parole, l’animatore allargava le sue prerogative come se l’ambiente sociale del gruppo fosse un feudo da difendere. Al contempo, il progresso nella catechesi veniva disatteso.

 

Il ruolo del parroco

L’elevato numero di gruppi attivi necessita, a livello organizzativo, di grande impegno e impiego di tempo. Se consideriamo che i parroci gestiscono diverse opere a livello locale, anche all’interno della diocesi (matrimoni e relativi corsi per fidanzati, funerali, visita ai malati agli indigenti ai reclusi, scuole parrocchiali, attività culturali e di cura archivistica), si dipinge un quadro piuttosto complesso.

Per queste ragioni, è comprensibile che la gestione dei gruppi parrocchiali sia delegata a dei responsabili meritevoli di fiducia, sebbene siano realizzati confronti periodici con relative verifiche. Piuttosto facilmente certi parrocchiani si lamentano degli eventuali pessimi risultati di presenza nei gruppi, accusando il parroco, senza però avere approfondito le vicende.

Tempo fa, ne abbiamo parlato con un parroco della provincia di Rimini, che si è trovato ad affrontare situazioni analoghe. Nel suo ambiente una persona, in un caso specifico ed eclatante, è stata sollevata dal suo incarico di responsabilità poiché gestiva il gruppo a lei assegnato come fosse una sua proprietà. Il menzionato parroco è potuto intervenire grazie alle segnalazioni di alcuni frequentatori, mettendo così in discussione la fiducia assegnata a quella persona.

Anche in realtà parrocchiali più vicine a noi, abbiamo osservato comportamenti che tendono a conservare il monopolio su uno o più gruppi di incontro; i frequentatori che non gradiscono quel tipo di andamento non ne parlano col parroco, ma preferiscono uscire dal gruppo e in seguito anche dalla cerchia parrocchiale.

 

Permeabilità/impermeabilità

Almeno teoricamente, i gruppi parrocchiali d’incontro sono aperti a chiunque, col solo vincolo dell’età di riferimento. Per quanto riguarda i bambini e i minorenni, sono i genitori che spingono affinché i figli entrino, ci risultano esigui i casi di ingressi spontanei e consapevoli; altresì, è altamente probabile che siano gli amici a proporre il gruppo parrocchiale come luogo d’incontro.

Pertanto, per le fasce d’età dei giovani fino alla soglia dell’università, abbiamo notato che i gruppi parrocchiali dedicati siano sostanzialmente permeabili, con una capacità inclusiva e d’accoglienza piuttosto buona.

Non ci è parso così per i gruppi di età più alta. Soprattutto adulti e gruppi famiglie non si sono dimostrati così accoglienti come ci saremmo aspettati. La comunicazione al loro interno è condizionata da un certo sospetto verso i nuovi arrivati. Nonostante i parroci si impegnino alacremente per proporre l’ingresso nei gruppi di incontro per adulti, i risultati non soddisfano le aspettative né gli sforzi. Abbiamo avuto la netta impressione che rimanga alto il livello di impermeabilità.

 

Interazione adulta?

Non abbiamo avuto dai parroci tanti esempi di persone adulte che chiedono, spontaneamente, di entrare in un gruppo parrocchiale a loro dedicato. Abitualmente, sono i membri che propongono ad amici e conoscenti di entrarvi. Il percorso per essere accettati nel gruppo rimane tuttavia lungo e laborioso.

Per quanto abbiamo notato, non è tanto la proposta di catechesi ad essere di ostacolo alla permanenza, quanto piuttosto l’insieme delle relazioni interpersonali. Nelle nostre esperienze, le proposte di discussione erano variegate, talvolta interessanti ma spesso molto noiose, in sostanza però ciò che faceva la differenza erano i rapporti tra le persone.

«La tensione verso rapporti interpersonali positivi è forte nei gruppi parrocchiali. (…) La positività dei rapporti di amicizia si collega all’identità del gruppo» (C. Baraldi, 1991).

A bene vedere, l’intero gruppo adulti era (e verosimilmente lo è tuttora) composto da sottogruppi, corrispondenti alle specifiche amicizie dirette tra due o tre nuclei famigliari. Al di fuori da quei contatti, la comunicazione era inesistente.

La frequentazione continuativa di altri membri del gruppo ci è parsa determinante per la permanenza. Verso alcuni membri abbiamo notato indifferenza, talvolta pure intolleranza controllata da una forma comunicativa filtrata e artefatta. Non potendo manifestare aperta insofferenza verso alcune persone, semplicemente si evitava il contatto (indifferenza) oppure si smetteva di partecipare.

In taluni contesti si manifestavano approcci diametralmente opposti: per il solo fatto di transitare in chiesa, all’asilo parrocchiale, nel campetto, abbiamo ricevuto copiosi saluti da persone mai viste né presentate da chicchessia.

Certi gruppi famiglie godono di ottima salute grazie ad attività ludiche (cene, vacanze) che ne tengono insieme i componenti; invece per quanto riguarda l’aspetto della catechesi non ci sono giunte notizie di alcun genere.

I gruppi adulti che abbiamo visitato si caratterizzavano per un andamento a fisarmonica, in alcuni periodi si allargavano di numero grazie alla propaganda di ingresso intrapresa dagli animatori e da altri; solitamente dopo qualche mese si riducevano per le defezioni.

Interessante è stato notare che i fuoriusciti non informavano gli animatori, semplicemente smettevano di farsi vedere, senza dare spiegazioni.

 

Comunicazione snob

Presso le due parrocchie del centro urbano che abbiamo osservato, la comunicazione dei frequentatori assumeva spesso toni malcelatamente snob. Ovviamente non tutte le persone che le frequentavano sono snob, ma abbiamo osservato che erano snob i cosiddetti “notabili”, coloro cioè che sono più in vista, che gestiscono dei gruppi adulti e famiglie.

La prassi del saluto è fondamentale per le relazioni sul sagrato della Chiesa. I “notabili” salutano solo chi è del loro rango, riguardo gli altri semmai attendono di ricevere un cenno di saluto.

I “notabili” parrocchiali si intrattengono a chiacchierare volentieri con altri della stessa cerchia, non parlano di catechesi bensì di lavoro, di affari, di vacanze esclusive, di calcio.

La cordialità rimane nelle interazioni ai piani inferiori, al momento di portare o ritirare i figli.

 

Considerazioni

Riteniamo che la chiave di lettura necessaria per l’approccio al gruppo parrocchiale sia la comunicazione.

«La “prospettiva della comunicazione” pone in primo piano le attività sociali. Essa le osserva come processi che costruiscono il mondo sociale.» La prospettiva della comunicazione «si concentra sulle conversazioni per mezzo delle quali il mondo sociale è realizzato» (B. W. Pearce, 1989).

Per semplificare e rendere più accessibile il risultato della nostra osservazione, abbiamo deciso di indicare la comunicazione nel binomio amichevole/indifferente.

La comunicazione amichevole riduce le distanze, quella indifferente aumenta le distanze.

Senza essere troppo specifici, annotiamo che tra loro i bambini e i ragazzi usano una comunicazione diretta e spesso amichevole. Non alla stessa maniera abbiamo notato tra gli adulti.

In parrocchia sono gli adulti che condizionano la comunicazione: i gruppi di catechesi dei minorenni sono diretti da adulti, altri adulti hanno la responsabilità dei gruppi famigliari e degli universitari.

Amichevole è il modo di interagire dentro al gruppo parrocchiale adulti, tra gente che si frequenta da tempo; indifferente è il modo spesso utilizzato per trattare i nuovi arrivati oppure coloro che non vanno a genio, ma anche gli estranei.

Il parallelo con l’ambiente di lavoro è oggettivo: in esso si attuano comunicazioni artefatte e indifferenti, in cui i filtri sono a maglie strette.

Se evidenziamo che è opinione pressoché diffusa considerare la parrocchia come una famiglia, come un ambiente protetto (C. Baraldi, M. Casini, 1991), le attese non corrispondono alle osservazioni.

Nel gruppo parrocchiale dovrebbe essere fondamentale la comunicazione orientata alla catechesi (insegnamenti del Vangelo) e alle persone che partecipano alle attività.

Questo aspetto passa in secondo ordine rispetto ai programmi ricreativi, senza i quali, a nostro parere, il gruppo affronterebbe una sicura deriva.

La comunicazione degli adulti nei gruppi parrocchiali a loro dedicati ricalca ciò che avviene in altri ambienti e influenza le interazioni. Influenza la permanenza delle persone nell’ambiente parrocchiale.

 

Infine

Mettere in discussione la gestione di un gruppo parrocchiale significa creare tensione tra coloro che vi dedicano il loro tempo. Parlare pubblicamente dei problemi di impermeabilità, di non accoglienza, di disattenzione per la catechesi provoca un senso di fallimento e accende le polemiche. Quel processo di frustrazione si inasprisce se i presunti accusati hanno riposto la loro autostima nella gestione del gruppo parrocchiale. I rapporti tra le persone si incrinano, le amicizie si sciolgono. Per questi motivi è un argomento difficile da trattare serenamente.

 

Riferimenti

J. Luft, “Introduzione alla dinamica di gruppo”, La Nuova Italia, Firenze, 1973

C. Baraldi, M. Casini, “Il valore del gruppo”, Giuffrè, Milano, 1991, p. 15, 74, 79

C. Baraldi, “Comunicazione di gruppo”, F. Angeli, Milano, 1988, p. 89-100

C. Baraldi, G. Piazzi, “Costruzioni sociali del gruppo”, Quattroventi, Urbino, 1996

B. W. Pearce, “Comunicazione e condizione umana”, F. Angeli, Milano, 1989

G. Simmel, “Individuo e gruppo”, Armando, Roma, 2006

R. A. Hinde, “Le relazioni interpersonali”, Il Mulino, Bologna, 1981

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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