Individualismo e interpretazioni

Individualismo

Dal sociale all’individuale 

 

Individualismo
Individualismo

 

Individuo e uguaglianza

L’assunto di partenza è una negazione: in età contemporanea non si sente il bisogno dell’uguaglianza, in quanto aspetto già abbondantemente discusso, è pleonastico.

Il concetto di uguaglianza è stato accostato al concetto di individualismo nel secolo XVIII (Kant) durante la riflessione sul cosmopolitismo.

Nel contesto americano dello stesso periodo, l’individualismo era interpretato come sinonimo di libertà personale, intraprendenza davanti a terre inesplorate, l’ideale creazione pionieristica della propria fortuna (Dewey).

Si tratta dell’interpretazione positiva dell’individualismo, quasi leggendaria, che assegna al termine connotati di autonomia e consapevolezza.

 

Individualismo
L’individualismo leggendario

 

 

Ai nostri giorni

Facciamo un doveroso salto temporale per riprendere l’equilibrio nel secolo XX, anni in cui le osservazioni di Georg Simmel ponevano significativi dubbi riguardo ai coevi comportamenti sociali. I dubbi riguardavano la cosiddetta cultura del denaro (money culture), che altri studiosi avrebbero rilevato (Robert Lynd, John Dewey). Il senso di comunità lasciava gradualmente spazio alla preoccupazione per il profitto privato, il denaro era balzato in cima alla lista delle priorità.

E’ taciuto il fatto che le relazioni sociali si valorizzino in prospettiva di guadagno, in vista di un obiettivo, ad esempio intrecciare proficui scambi commerciali, oppure per ottenere un buon posto di lavoro. Nel nostro Paese, ritorna alla memoria la pratica della raccomandazione, metodo utile soprattutto ai non meritevoli ma di fronte al “così fan tutti” è diventato un metodo generalizzato.

Si tratta dello scambio, il cui modello e mezzo reale è il denaro, da qui la cultura del denaro. La persona non accetta di dividere i propri proventi con qualcun altro, piuttosto si separa dalla comunità e persegue i suoi obiettivi grazie agli scambi sociali opportuni.

«L’individualismo, l’impulso a separarsi, a bastare-a-se-stessi, a distinguersi, in ultima istanza non vale qui per l’essere isolato, bensì per il tipo uomo, del quale quell’essere è espressione culminante, rappresentante, illustrazione» (Simmel).

 

Mentalità affaristica

«Recentemente si è richiamata l’attenzione su un fenomeno nuovo nella storia: il formarsi di una mentalità affaristica, con il suo modo di parlare e il suo gergo, i suoi interessi, i suoi aggruppamenti intimamente stretti in cui uomini di questa mentalità, nella loro capacità collettiva, determinano il tono della società in generale e quello anche del governo della società industrializzata, ed hanno maggiore influenza politica che non lo stesso governo» (Dewey).

 

La questione economica personale: è l’auto-realizzazione

L’individualismo crea un grande moto psichico verso la realizzazione personale. L’uomo o la donna d’azienda (capi ufficio, quadri, dirigenti), il/la libero/a professionista non sono orientati da impulsi sociali (altruisti), quanto piuttosto da interessi privati: ottenere risultati per sé stessi. Quegli interessi sono immediatamente identificati: un buon compenso, il prestigio sociale, l’autonomia di gestione del proprio tempo, perfino il potere.

 

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Libero professionista, manager, dirigente: l’uomo solo al comando.

 

Abbiamo testimonianza di un ingegnere che ha vissuto per il suo lavoro; egli ha trascurato la famiglia, per lui il risultato professionale era gradualmente diventato prioritario. Un conoscente ha sottolineato “è morto di lavoro”, un altro ha aggiunto “è morto con sé stesso”.

«Da semplice mezzo e presupposto il denaro si trasforma per la coscienza in fine ultimo» (Simmel).

«Antropologicamente parlando noi viviamo nell’era del denaro» (Dewey).

 

Consumo personalizzato

Il denaro e il potere permettono di acquisire prodotti e risorse di vario genere. Ai primordi della società dei consumi, un solo prodotto era valido per l’intero pubblico dei consumatori. In seguito, il prodotto si è adattato ai diversi consumatori per forma, colore, grandezza. Ora il prodotto è “customized” ossia personalizzato, infatti la scelta è a menù soprattutto on-line. Anche la cultura, la moda, l’arte rendono disponibili prodotti su misura per ogni consumatore, per soddisfarne i capricci individualistici.

Se quel determinato processo produttivo non è possibile, l’ufficio marketing lo renderà illusoriamente possibile per soddisfare i potenziali clienti.

Poi ci sono i consumi alla moda: l’aperitivo (finto) sociale, la cena con gli amici, l’evento mondano, il concerto pop, le ore in palestra, l’appuntamento con l’estetista. Campeggiano in agenda sottolineati con l’evidenziatore, ma tutto intorno c’è il vuoto, ci ricordano che senza neppure quel consumo massificato ma personalizzabile, l’individuo urbano celebrerebbe la propria apatia in solitudine.

 

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Edonismo

 

Più libertà, maggiore tolleranza

Nella realtà attuale emerge la persona al centro dell’attenzione pubblica, l’interesse collettivo è subordinato a quello individuale. Con la dovuta approssimazione, fino al termine del secolo XX le norme e le regole della convivenza civile erano orientate all’interesse pubblico, la banale pubblica decenza era un valore per chiunque. In seguito, l’orientamento sostanziale alla persona e ai suoi inalienabili nuovi diritti ha spianato la strada al processo di riconoscimento dell’individuo nella sua completa manifestazione.

Il valore fondamentale valido per chiunque è diventato la realizzazione personale, unito al rispetto incondizionato della singolarità soggettiva. Introdotto così pare essere del tutto positivo, ma il summenzionato valore nasconde il pericoloso tarlo dell’individualismo moderno.

Assieme all’indiscriminata valorizzazione del proprio sé personale viaggiano l’edonismo, la richiesta di maggiore libertà personale generale, più capacità di consumo, più diritti a trecentosessanta gradi. Tutto ciò si traduce in maggiori diritti personali e meno doveri nei confronti dei propri concittadini.

La crisi sociale, la crisi economica, la crisi ambientale, le guerre sparse qua e là sono priorità trascurate dall’individuo contemporaneo, indifferente alle difficoltà collettive ma molto attento alla ricerca del piacere immediato.

Per sottolineare la graduale riduzione dei doveri sociali, è sufficiente portare l’attenzione alla mancata disciplina di vari individui quando si relazionano nei vari ambienti (volgarità, maleducazione, comportamenti indecenti), quando usano la violenza nei rapporti sociali, quando trattano la proprietà pubblica e quella privata come accessori a propria disposizione.

La società civile è chiamata a tollerare ma anche ad accettare comportamenti antisociali, qualsiasi tipo di eccesso, poiché sono interpretati come espressioni individuali degni di valore.

 

L’individuo al centro

Il processo sotteso all’affermazione dell’individualismo moderno si chiama personalizzazione (Lipovetsky). Essa pone al centro del sociale la persona dandole ampio mandato di auto realizzazione. Anche in barba alle regole della convivenza civile.

La personalizzazione è “il processo strutturato attraverso il quale, nella società, l’individuo prende forma come persona, in quanto viene costruito, trattato e confermato nella comunicazione come unico e specifico” (Baraldi).

Sono stati introdotti nuovi codici nella comunicazione interpersonale che richiedono ai partecipanti (persone) di essere sé stessi, non più parte di un gruppo ma individui autonomi specifici e irripetibili, capaci di flessibilità, devono dimostrare di avere abilità in ogni sistema sociale nel quale sono chiamati ad agire.

L’individuo si emancipa dal “noi”, non si identifica più nel gruppo, nella comunità, si riferisce solamente a sé stesso.

Le aspirazioni individuali modellano le istituzioni e non il contrario, si perde in tal modo il benessere collettivo.

L’individualismo moderno è l’esaltazione della persona e di tutte le sue espressioni, nonché la tolleranza per i suoi bisogni più spinti.

 

Protagonismo di massa

Per rispondere alle aspirazioni e ai bisogni di espressione di chiunque, le nuove tecnologie hanno creato spazi virtualmente infiniti. Sui social network troviamo aspiranti cantanti, DJ, musicisti, attori, scrittori, critici di tutto e di niente, opinionisti in erba e appassiti, prestigiatori dilettanti, illusionisti straordinari, professionisti della realtà, artigiani dell’impossibile. Sono una pletora di personaggi desiderosi di affermare la propria personalità in pubblico, mostrando la propria declinazione specifica, talvolta scimmiottando personaggi famosi.

Il narcisismo è quasi una professione su internet e in TV, luoghi perfetti per affermare il proprio irrefrenabile ego. Gli aspiranti protagonisti investono tempo e risorse nel loro “io”. L’espressione più volgare attrae pubblico e follower.

 

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Voglia di essere protagonista

 

Narciso

Il mito di Narciso racconta la storia del giovane che amava sé stesso e rifiutava chiunque. Il giovane morì annegato mentre ammirava la propria immagine riflessa nell’acqua. Considerandosi come il centro dell’universo, il narcisista manifesta ciò che può essere considerato il più alto livello di individualismo possibile. Mediante l’evoluzione narcisistica, il processo di personalizzazione subisce un ulteriore aggiornamento passando a produrre l’individualismo «totale» (Lipovetsky).

Dentro al processo ci si socializza con sé stessi, si nutre la disaffezione verso la sfera pubblica, verso la comunità di eventuale appartenenza. Si tende ad abbandonare le tradizioni, il proprio passato (famigliare oltre che nazionale), ci si sgancia dall’appartenenza all’ambiente in cui si è cresciuti. Il neo Narciso contemporaneo privatizza il suo piccolo spazio e le sue attività, lascia il cosmopolitismo tutto attorno senza curarsi delle conseguenze, ad esempio di incompatibilità culturale

L’indifferenza avvolge tutto ciò che è fuori dai confini personali, dai propri interessi, dai propri obiettivi. Se fuori dalla porta di casa succede il finimondo non è poi così grave, basta rientrare e accedere a Internet.

 

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Il mito di Narciso

 

Il vantaggio personale

L’affermazione dell’identità personale in qualsiasi forma si voglia accompagnata dall’assoluto perseguimento del proprio interesse individuale costituiscono una miscela di ragguardevole notorietà. L’individualismo buono, principio mitico dei secoli passati, sembra che non sia mai nemmeno esistito per quanto sia chiaro che nella società attuale la parola individualismo abbia significati non lusinghieri.

Ad esempio, esso si è promosso come principio in antitesi alla cellula fondamentale della società che chiamiamo famiglia: troppi sono i lati negativi dell’impegno famigliare, sempre più persone non intendono rinunciare ai propri interessi, non intendono fare sacrifici importanti per avere dei figli.

Un individualista probabilmente non si dedicherà di buon grado al volontariato sociale, alla cura di altre persone per puro spirito altruistico e filantropico.

La libertà individuale, il poter disporre totalmente del proprio tempo senza condizionamenti esterni rappresenta un bene economico inestimabile.

 

In ultima istanza

Non abbiamo bisogno dell’individualismo nel contesto sociale contemporaneo, abbiamo invece bisogno di maggior senso di comunità. Sulla scorta dell’individualismo moderno, accade ad esempio che:

  • l’imprenditore non illuminato persegua il profitto personale senza riguardo ai lavoratori e all’ambiente;

  • il politico in generale cerchi il potere per i propri scopi personali a discapito della collettività;

  • le organizzazioni criminali infettino le comunità locali con le loro attività illecite e corrompano la società nel suo insieme;

  • di fronte a richieste di maggiore libertà, la società civile tollera comportamenti edonisti e bizzarri a danno della collettività.

La nostra società mostra considerevoli crepe nella sua struttura, create da individui interessati solamente a sé stessi. E’ una crisi preoccupante che sbriciola la coesione sociale delle comunità locali. Certi individui si dimostrano sempre più indifferenti e insensibili alle questioni collettive.

Il sistema della politica alimenta il processo di individualizzazione/personalizzazione, poiché persone disinteressate alla “res publica” sono disinteressate pure ai provvedimenti politici.

Crediamo pertanto che sia necessario ri-orientare le persone al coinvolgimento sociale, partendo dai rapporti di vicinato, rivitalizzando le relazioni di quartiere, per giungere al rafforzamento della comunità locale.

 

 

Riferimenti bibliografici

G. Simmel, “Forme dell’individualismo”, Armando Editore, Roma, 2001

G, Simmel, “Il denaro nella cultura moderna”, Armando Editore, Roma, 1998

J. Dewey, “Individualismo vecchio e nuovo”, La Nuova Italia, Firenze, 1948

G. Lipovetsky, “L’era del vuoto”, Luni Editrice, Milano, 2021

C. Baraldi, “Il disagio della società”, Franco Angeli, Milano, 1999

C. Ternynck, “L’uomo di sabbia”, Vita e Pensiero, Milano, 2012

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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