La crisi dei valori

Crisi dei valori

Una società in declino 

 

 

Crisi dei valori
Trasgressione?

 

 

«Sarà l’immoralità a salvare il mondo, saranno il rilassamento e la mollezza, sarà il rifiuto dei sacrifici di qualsiasi genere e l’abbandono delle virtù militanti, saranno il disprezzo per tutto ciò che giudichiamo rispettabile e il consenso alla frivolezza, sarà l’effeminamento a liberarci dall’incubo verso cui la virilità ci indirizza e da cui essa non uscirà mai, perché l’uomo è sposo della morte e la morte informa le sue azioni» (A. Caraco). 

 

 

Crisi dei valori
Presentarsi in chiesa in mutande

 

Istanza di più libertà

Il declino della nostra società è in fase di maturazione, i valori cardine della nostra cultura sono ogni giorno aggrediti da nuove abitudini. Avanzano personaggi dediti all’edonismo allargato, a pratiche contro la morale e la decenza. Il narcisismo è più di una moda, l’individualismo si impone quale principio guida dei comportamenti più comuni.

 

Crisi dei valori
Girare nudi in pubblico nell’ilarità generale

 

 

Aumenta in modo esponenziale la richiesta di libertà individuale, per ogni tipo di attività e atteggiamento. Alcune persone si prendono specifiche libertà che un tempo non erano nemmeno pensabili, come girare nude in pubblico nell’ilarità generale, oppure presentarsi in chiesa in mutande. Ormai forse nessuno fa più caso a uomini vestiti in modo ostentatamente femminile e viceversa, perché sono pratiche legittimate dalla moda, dall’arte, dalla trasgressione, simboli dell’espressione personale.

 

 

Crisi dei valori
Parodia?

 

 

Altro aspetto, questo invero molto preoccupante, è la pubblica derisione della religione, in particolare di quella cattolica. Con l’obiettivo della costante desacralizzazione della vita collettiva, taluni attori della socialità propongono siparietti indecorosi e avvilenti della fede altrui. Vestiti come Gesù Cristo che porta la croce, inscenano la parodia di alcuni racconti dei Vangeli.

 

 

 

Il vilipendio della religione (art. 404-405 del codice penale, attualmente definiti “delitti contro le confessioni religiose”) non rappresenta più un reato temuto, anzi, la pubblica opinione tende a tollerarlo ampiamente.

Al contrario, ciò non accade verso la religione islamica, in quanto i fedeli musulmani hanno l’abitudine di non tollerare nemmeno la più piccola satira e perché essi sono soliti farsi giustizia da soli, con l’utilizzo della violenza più brutale.

Questa riflessione rientra nel tema più largo che prende il nome di “islamofobia”.

 

Permissività

Conosciamo genitori che non si dedicano all’educazione dei figli, derogandola totalmente alle istituzioni esterne alla famiglia (scuola, gruppi sportivi). Quei genitori non sono protagonisti positivi della vita dei loro figli, non propongono modelli normativi. Capita di notare sempre più di frequente bambini e ragazzi andare a scuola senza aver fatto i compiti, senza il materiale didattico richiesto; in casi limite osserviamo minorenni a spasso tutto il giorno.

Capita di leggere fatti di cronaca che raccontano di bambini e ragazzi che malmenano i coetanei e gli insegnanti. Abbiamo anche letto di insegnanti picchiati da genitori per aver “osato” rimproverare i figli maleducati, oppure per aver dato loro un brutto voto.

Lo schema di comportamento per queste persone pare essersi ribaltato, in quanto suggeriscono di risolvere le controversie con la violenza e la prevaricazione.

C’è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui insegnanti e professori erano modelli da rispettare e seguire, attualmente vengono trattati come burocrati rompiscatole. Una parte di studenti e genitori rifiutano la disciplina e il ruolo dell’insegnante, inoltre quelle persone non considerano onestamente le conseguenze della loro azioni violente, sicuri di rimanere impuniti. La comunicazione nella famiglia potrebbe essere assente oppure limitata a contenuti che non contemplano l’educazione e quindi il trasferimento di norme, né di regole di comportamento.

 

Degrado

La crisi dei valori è visibile nel degrado urbano come in quello sociale. Se non si ha cura del proprio spazio vitale non ci si cura nemmeno dei buoni rapporti di vicinato. La convivenza civile è un principio molto importante, forse è a causa della sua importanza che è disatteso e ignorato. 

Liberalizzare i costumi significa dissolvere i tabù e i vari divieti utili al mantenimento del decoro e della decenza. Per scuotere le coscienze non si utilizzano più discorsi ben fatti bensì immagini scioccanti, simbolismi erotici, accostamenti improbabili. Il fatto stravagante non fa più notizia, per cui è necessario trovare nuovi stratagemmi per attirare l’attenzione del grande pubblico, ormai assuefatto alla pubblicità e alla violenza.

 

 

Lo spettacolo narcisista

Il protagonista della fuga dal sociale e dalle sue normative si distingue più nitidamente nell’individuo narcisista. Egli è «ossessionato solo da sé stesso, alla ricerca della propria realizzazione personale e del proprio equilibrio» (Lipovetsky).

Egli è indifferente alla sfera pubblica, opera per la liberazione del proprio “io” e per la totale indipendenza. Il suo è un movimento per l’affermazione dell’individualismo, per la promozione dell’ego; egli non promuove valori né ideali e spaccia per cultura selfie, video provocatori e trasgressivi. 

Lo spettacolo narcisista presenta il corpo sessualizzato, ostentato ma vuoto di contenuti di senso compiuto. Per attrarre l’attenzione è necessario il travestimento, colorato, piumato, innovativo. Abbiamo già fatto cenno a uomini vestiti da donna, truccati pesantemente, che introducono spettacoli prendendo un’identità non loro, senza sobrietà, attirano gli obiettivi fotografici e le telecamere per sfogare il loro ego, per appagare il loro narcisismo.

 

Crisi dei valori
Spettacolo narcisista

 

L’individuo narcisista ha bisogno di ammiratori e di esibirsi, il suo spettacolo è un carnevale antisociale, non ha alcun riferimento all’arte classica neoclassica o folcloristica.

 

 

Il cammino nel vuoto

La ricerca della totale libertà personale è ricoperta da velleità artistiche, ogni riferimento alla cultura della maggioranza potrebbe comparire come un pericoloso ostacolo. Meglio per costoro riesumare il caro vecchio dibattito sul nichilismo. I vecchi punti di riferimento, ai quali ci si è accostati durante i tempi della socializzazione, sono divenuti tiranni contemporanei da combattere con ogni energia. Si cammina nel vuoto, nel niente, oggi si prendono ideali politici di moda, domani li si abbandonano, durante la settimana si cambia idea molte volte. Senza solidi valori di riferimento la persona è in balia del tutto e del niente, mentre gli accademici delineano una realtà virtuale fatta di testi teorici ed iper astratti.

Prendere a braccetto il nichilismo non può portare a una scelta di contenuto, «la difficoltà di definire il nichilismo sta nel fatto che è impossibile per la mente giungere a una rappresentazione del niente» (E. Junger, 1950).

Al contrario, nel sociale esiste la necessità di recuperare un insieme di contenuti di senso, insieme che è possibile costituire grazie all’appello a solidi valori rappresentanti di una cultura condivisa.

 

Desiderare tutto

«E’ la componente anarchica del desiderio, alimentata a dismisura dalle merci, dalla pubblicità, dalle relazioni sociali, a rappresentare la parte più destabilizzante del sociale» (A. Castoldi).

Grazie al mondo della produzione abbiamo a disposizione prodotti di ogni genere per rispondere a ogni necessità. La persona contemporanea ha fatto un ulteriore passo avanti rispetto all’oggetto: quest’ultimo è diventato desiderabile oltre l’effettiva necessità. E’ saltato il valore dell’essenzialità, la persona contemporanea ha abbracciato la religione del consumo. Anche questo aspetto caratterizza il narcisista.

 

Tutto è arte

Agli artisti è (quasi) tutto concesso, che siano pittori attori o cantanti. L’artista è mosso dall’estro, dalla fantasia, dall’intuizione, dall’ispirazione che non deve essere condizionata o ingabbiata, pertanto egli si aspetta la più totale libertà creativa.

Se per l’artista tutto ciò che incontra può essere fonte di ispirazione per la sua arte, non è detto che tutte le persone che si dedicano all’arte siano artisti a tutti gli effetti. L’estro da assecondare diventa sempre più spesso una scusa usata da personaggi sopra le righe per giustificare le loro intemperanze. L’imitazione di artisti affermati è un ulteriore aspetto di auto indulgenza. Anni addietro per dimostrare trasgressione, cantanti rock camminavano con le scarpe sporche sul divano, rompevano gli strumenti, sputavano sulla folla. In nome dell’arte musicale. Gente sconosciuta ha iniziato ad imitare quei comportamenti, in barba ai codici di buona educazione.

Gli artisti potevano, quindi, derogare alle etichette di comportamento e di galateo. In questa maniera sono state spostate sempre più in basso le asticelle riguardanti le buone maniere. Anche le aspettative di un comportamento adeguato sono scese drasticamente in basso.

Analogamente, taluni individui spacciano come arte comportamenti che non lo sono, giusto per godere dell’immunità riservata agli artisti. Ciò significa sgretolare quel sistema di valori di riferimento che si utilizza per instaurare una buona comunicazione interpersonale.

 

Functionless art is simply tolerated vandalism. We are the vandals.
Peter Steele and Type O Negative, 1996

Contro la morale collettiva

L’individualista/il narcisista rifiuta la morale collettiva e la rimpiazza con una pseudo morale personalizzata, minoritaria o di nicchia che all’opinione pubblica potrebbe apparire come una semplice provocazione, come un atto di trasgressione di “disobbedienza civile” al buon costume. 

Con quel rifiuto, la persona perde il riferimento a norme e valori che fornivano significati necessari a rispondere alle consuete domande, che chiunque si pone dal momento in cui acquisisce una certa consapevolezza del proprio vivere: sono i contenuti di senso.

Non si tratta dell’obbligo a conformarsi alla maggioranza oppure a piegarsi all’obbedienza cieca verso il “sistema”, bensì di acquisire valori condivisi per partecipare alla civile convivenza. La società ha bisogno di una morale per esistere, la quale con norme e valori orienta l’azione collettiva; la devianza e la dissidenza sono casi solitamente minoritari, che se diventassero la normalità segnalerebbero l’esistenza di una patologia sociale e istituzionale.

Il luogo dove non esistono leggi è la giungla, spazio dell’anarchia e del soggetto fisicamente più forte.

 

Riferimento al significato

Nell’osservazione antropologica si notano bisogni di significati sia a livello collettivo che naturalmente a livello personale. Il rifiuto della morale, l’allontanamento dal passato e dalla memoria, il diniego della tradizione, l’accoglienza di ideologie alla moda prive di contenuti equilibrati sono fattori che creano una crisi del soggetto e della società nel suo insieme (individualismo, narcisismo, edonismo).

Anche l’approccio al sacro e all’attività religiosa forniscono alle persone significati e contenuti di senso. La secolarizzazione e la desacralizzazione di ampie porzioni della società occidentale hanno creato vuoti di senso, facendo evaporare la morale, creando sconcerto e smarrimento. Senza saldi punti di riferimento, la maleducazione diventa più frequente.

 

 

Il riferimento alla morale

Come linea guida, ogni società si riferisce alla morale, che è un «complesso o, nei casi più sviluppati, sistema di valori e di norme che entro una data collettività definiscono, come parte fondamentale della sua cultura o subcultura, i modelli di azione e di condotta (sequenze finalizzate di azioni) più appropriati, corretti, “giusti”, in situazioni reputate di rilevanza cruciale in varie sfere e settori della società, in tal modo esprimendo la concezione dominante del modello di convivenza» (L. Gallino, 1993).

Pertanto, il sistema dei contenuti morali indica la linea di demarcazione tra gli atteggiamenti e i comportamenti giusti apprezzabili attesi da un lato, dall’altro lato gli atteggiamenti e i comportamenti indesiderati inappropriati censurabili.

Il sistema della morale può non coincidere con le norme dei codici giuridici vigenti, ad esempio fare una pernacchia a uno sconosciuto per strada non prevede l’arresto né la denuncia, ma si tratta di un atto moralmente condannabile perché sommariamente maleducato.

Il sistema morale fa parte del corpo della cultura di un popolo, di una collettività, di una minoranza etnica, le cui cellule potremmo affermare essere i valori che esso esprime.

Intendiamo il valore come la qualità positiva cui riferirsi per agire, è un ideale cui tendere, è un modello di ispirazione per tendere a un comportamento giusto e leale (Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, 1981).

Naturalmente, i valori di riferimento sono diversi da cultura a cultura, ciò che è apprezzato nell’Occidente democratico e laico potrebbe non esserlo nella Repubblica islamica dell’Iran e viceversa.

 

Il senso del valore

Esistono in effetti valori validi solo per una o poche persone, oppure valori validi universalmente come la pace, la civile convivenza, l’onestà, la lealtà. La violenza e la guerra sono valori (naturalmente negativi) validi in talune società, negati nella maggioranza dei gruppi sociali umani.

Karl Marx ha scritto che i valori dominanti di una società sono i valori della classe dominante (“L’ideologia tedesca” con F. Engels, 1932, p. 35 e seg.), in concreto essi sono un metodo di controllo sociale che si manifesta nel potere sulle classi sociali inferiori; inoltre ciò presuppone i valori come contenuti di carattere ideologico. Queste considerazioni rappresentano il presupposto per mettere in discussione il potere costituito ed organizzare successivamente la “rottura rivoluzionaria”, per uscire dall’egemonia. Tale schema di contrapposizione di classe è stato preso più volte come indirizzo per rifiutare i valori sociali e morali sgraditi; anche attualmente potrebbe essere silenziosamente alla base di veementi controversie. La riflessione di Marx può rappresentare un valido schema di riferimento sebbene alcuni studiosi lo trovino non esaustivo.

Ad esempio, se la famiglia rappresenta un valore positivo sostenuto dalla maggioranza della società, essa potrebbe risultare indigesta a qualche minoranza vera o presunta che la interpreta come un obbligo pesante. La società nel suo insieme scopre di avere un importante problema a riguardo se e quando quella minoranza che rifiuta la famiglia prende come obiettivo di abolirla per tutti i cittadini. Si creano gruppi di protesta che credono di fare il bene collettivo divulgando la propria idea contro la famiglia, ma non considerano che senza famiglia la società prima o poi muore, che anche i membri del gruppo di protesta sono il prodotto di una famiglia.

 

«La famiglia è un’istituzione che un giorno bisognerà superare, essa non ha più ragione di esistere: nella maggioranza dei casi è popolatrice, e l’universo è sovrappopolato, inoltre è fonte delle nostre idee più contestabili, e noi non possiamo permetterci il lusso di perpetuare le idee sbagliate in mezzo a opere la cui esattezza fa spavento. (…) L’ordine è sempre stato disumano, e l’ordine morale il più disumano di tutti» (A. Caraco). 

 

 

Gli studiosi del sociale

Coloro che studiano la comunicazione, i rapporti interpersonali, le relazioni di lavoro, i gruppi e tutti gli altri argomenti correlati, dovrebbero mettere da parte i distacchi teorici dall’oggetto e dedicarsi con coraggio alla realtà delle persone.

Gli studiosi, siano essi sociologi filosofi demografi o antropologi, sono chiamati ad affrontare la realtà come chiunque abitante del pianeta Terra.

La crisi dei valori è un fatto concreto che riguarda la convivenza civile e l’inclusione nei vari sistemi sociali attivi.

Troviamo fuorviante trattare con pinze lunghe due metri l’argomento morale e crisi dei valori, come se esso fosse appannaggio di giornalisti declassati oppure di opinionisti prossimi alla pensione.

Non si tratta nemmeno di essere giustizialisti, ovvero personaggi iracondi intenzionati a picchiare chi non rispetta la pubblica decenza. Il fulcro della riflessione ci deve portare a cogliere la deriva sociale in cui tutti, bene o male, siamo dentro.

 

 

Riferimenti bibliografici

A. Castoldi, “Congedi – La crisi dei valori nella modernità”, Bruno Mondadori, Milano, 2010

A. Caraco, “Breviario del caos”, Adelphi, Milano, 1998

R. De Monticelli, “La questione morale”, Cortina Editore, Milano, 2010

M. Graziosi, “Alle radici della morale”, Liguori, Napoli, 2013

C. Lasch, “La cultura del narcisismo”, Bompiani, Milano, 1992

G. Lipovetsky, “L’era del vuoto”, Luni Editrice, Milano, 2021

L. Gallino, “Dizionario di Sociologia”, TEA-UTET, Torino, 1993

A. Bagnasco, M. Barbagli, A. Cavalli, “Corso di Sociologia”, Il Mulino, Bologna, 1998

D. Riesman, “La folla solitaria”, Il Mulino, Bologna, 1983

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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