La disconferma della relazione

Disconferma

Conferma e disconferma della relazione

 

Disconferma
Disconferma della relazione

 

Orizzonti di relazione

Coltiviamo relazioni quotidianamente, spesso senza porre troppa attenzione, è un’attività normalissima. Ce ne accorgiamo nel caso alcune relazioni non vadano come ci si aspettava. Tutti abbiamo necessità di instaurare relazioni con altre persone, per puro piacere (socievolezza) o per necessità/obbligo (socialità).

Nella gestione delle nostre relazioni usiamo la comunicazione e le sue modalità, comportandoci diversamente nei vari ambienti che frequentiamo: famiglia, scuola, luogo di lavoro, parrocchia, campo sportivo.

E’ molto interessante approfondire l’argomento della relazione interpersonale e della sua gestione, in termini di conservazione (termine positivo) oppure di eliminazione (termine negativo).

Osserviamo i più importanti strumenti sociali per la gestione delle relazioni interpersonali: la conferma (positivo conservativo), la disconferma (negativo, dissolutivo).

 
 

La conferma

«La ricerca di conferma è un fatto sostanziale nella vita di ogni persona. E la conferma arriva con un cenno, che sia un sorriso, uno sguardo approvante, una stretta di mano, una comunicazione verbale di apprezzamento. Ogni soggetto esprime in qualche maniera il bisogno di essere confermato, di vedere confermate le proprie qualità, le proprie capacità, le proprie attitudini, le proprie azioni, le proprie comunicazioni» (Canuti, Palma, 2017).

Famigliari, amici, coniugi e amanti necessitano continuamente di conferme. Sono sufficienti semplici gesti, anche banali come uno sguardo d’intesa, per confermare la reciproca relazione.

A mezzo della conferma, ogni «individuo prende forma come persona», «come unico e specifico» (Baraldi, 1999).

Sottolineiamo che la comunicazione interpersonale è fondamentale per la creazione del sé personale, di cui la conferma ne è strumento imprescindibile.

 
 

Definizione di sé

«A livello di relazione gli individui non comunicano su fatti esterni alla relazione, ma definiscono la relazione e implicitamente se stessi». La persona A fornisce a B la propria definizione di sé, il cui prototipo sarà «ecco come mi vedo in rapporto a te in questa situazione». In caso positivo, la persona B conferma, quindi accetta, la definizione che A ha fornito di sé (Watzlawick ed altri, 1971).

A mezzo della conferma, le persone si accettano reciprocamente, accolgono l’impegno insito nella comunicazione con l’altra, apprendono consapevolezza di sé stesse.

Gli amici si confermano con uno sguardo, una stretta di mano, con la frequentazione. I genitori confermano i figli con la loro attiva presenza, rispondendo si o no alle richieste. Gli amanti si confermano vicendevolmente con sguardi inequivocabili, sfiorandosi le mani.

 

Conferma della relazione
Conferma della relazione tra amanti

 

Il contatto

Due persone si incontrano accidentalmente fuori da un negozio. Prima di entrare, una si rivolge all’altra con fare disinvolto dicendo: «hei ma tu sei Paolo, ciao!».

Con un movimento repentino, Paolo alza la testa, guarda Flavio e altrettanto velocemente si gira e se ne va.

Flavio insiste: «non mi riconosci? Sono Flavio, abbiamo frequentato insieme il corso di informatica.. perché vai via?».

Si è stabilito un contatto tra Flavio e Paolo (nomi di fantasia), ma Paolo ha fatto finta di non conoscere (ha negato la relazione con) Flavio.

 
 

Allontanarsi

Paolo si è allontanato da Flavio, non lo ha riconosciuto nemmeno come conoscente. E’ come se la relazione tra i due non sia mai esistita. Avanziamo l’ipotesi che un fatto o un evento o un comportamento abbiano cambiato il rapporto tra Paolo e Flavio. Per il secondo, la causa dell’allontanamento di Paolo è imperscrutabile. Ciò che è certo riguarda la comunicazione di Paolo a Flavio senza dire una parola: «non ti conosco», «per me non sei nessuno». Paolo non vuole relazionarsi con Flavio, non vuole parlarci. Non trascuriamo poi che Paolo non è costretto a conversare con il suo avventore.

E’ la disconferma di una persona.

 

Disconferma
Allontanarsi per realizzare la disconferma

 

 

La disconferma

Si tratta di un corto circuito interpersonale, mediante il quale la persona B nega la relazione con la persona A, dopo che si è verificato il fatto del contatto tra i due.

Mentre nella pratica dell’evitamento (indifferenza sociale) le due persone non hanno ancora stabilito un contatto e si ignorano, nel caso della disconferma esse hanno condiviso uno spazio sociale ravvicinato, si sono accorte della presenza reciproca, ma una delle due non ha confermato la relazione.

Lo strumento sociale della disconferma dissolve alcune relazioni, può avere un utilizzo singolare o multiplo. Riduce la complessità della vita sociale.

 
 

Comunicazione patologica?

Comunicare ha propri principi e modalità che, se si verificano, realizzano la comunicazione. In caso contrario, la comunicazione subisce dei disturbi, che ne distorcono il procedimento.

Aggiungiamo che qualsiasi comportamento comunica un messaggio:

  • uno sguardo verso una persona può intendere di richiamare la sua attenzione;

  • tenere lo sguardo basso al tavolo di un bar può veicolare il messaggio di voler essere lasciati in pace.

«…non si può non comunicare» (Watzlawick ed altri, 1971), in ogni frangente della vita sociale con la comunicazione si va incontro a un impegno «e quindi (si) definisce il modo in cui il trasmettitore considera la sua relazione col ricevitore» (ibidem).

L’accettazione dell’impegno intrinseco alla comunicazione si incontra in un altro istituto molto importante che è il fare la conoscenza, ossia quando nasce la relazione. 

Nella comunicazione normale, cosiddetta sana, la relazione arretra sullo sfondo e ci si concentra sul contenuto veicolato tra le parti, si accetta l’impegno correlato alla comunicazione stessa. Nella comunicazione patologica il contenuto perde d’importanza e l’attenzione si sposta sulla natura della relazione: la sua definizione.

Il carattere sofisticato della riflessione lascia il passo all’immediatezza della pratica comunicativa: relazionarsi o non relazionarsi (evitare l’impegno).

 
 

Relazioni a scadenza

Diamo maggiore spazio d’analisi alla pratica della disconferma poiché il suo utilizzo crea disagio, imbarazzo, allontanamento.

In letteratura abbiamo riscontrato che la disconferma è inclusa nella comunicazione patologica, perché fa morire la relazione, perché a ogni incontro le persone dovrebbero rinegoziare la propria specificità e il proprio sé in rapporto all’altra. Di fronte alla morte della relazione le persone si trovano a disagio: soprattutto quelle che risultano negate. Gli attori che praticano la disconferma alleggeriscono la propria vita sociale.

«Alcune relazioni interpersonali mantengono le loro caratteristiche per lungo tempo nonostante i cambiamenti dei partecipanti e le occasioni per, o le pressioni verso, il cambiamento dall’esterno. Altre, rimaste stabili per un certo periodo di tempo, improvvisamente si rompono o subiscono drammatiche trasformazioni» (Hinde, 1981).

Talvolta basta una parola fuori posto per incrinare i rapporti, per creare uno scontro verbale.

In base al proprio carattere, si tollerano certi comportamenti altrui ma non tutti, ognuno ha limiti precisi di sopportazione. Come abbiamo evidenziato nel caso di Paolo più sopra, spesso è incomprensibile il motivo per cui le persone ottengono una disconferma, manca il dialogo che fornisce una spiegazione.

 
 

La disconferma “professionale”

Sul luogo di lavoro siamo obbligati a relazionarci con i colleghi, catalogabili a vario titolo: amici, conoscenti, sconosciuti, oppositori, avversari oppure veri nemici.

Passare ore e ore in ufficio o in un magazzino a stretto contatto con persone più o meno ostili può creare disagio.

La pratica della disconferma assume il carattere di arma sociale a danno di un collega. Si nega la relazione con il collega per motivi personali (antipatia, fatti pregressi e taciuti) oppure di competizione carrieristica.

Si scavalca la disconferma per giungere allo scontro relazionale, prendendo come pretesto il contenuto di un lavoro. Esaurita la scaramuccia, si ritorna daccapo.

 

Disconferma
Disconferma “professionale”

 

Disconferma “professionale” di gruppo

Abbiamo avuto notizia di ambienti di lavoro paragonabili ai proverbiali covi di vipere, nei quali alcuni individui sono messi alla berlina da numerosi colleghi. Un impiegato ha disconfermato un collega, la spiacevole situazione si è allargata per l’intreccio delle relazioni nei vari rami aziendali, altri colleghi hanno disconfermato lo stesso individuo.

Viene indetta una riunione su qualcosa che mi riguarda ed io non vengo invitato.

Arrivo alla macchinetta del caffè dove ci sono colleghi che parlano e vengo deliberatamente ignorato.

Rimango con la mano tesa nel gesto di presentarmi, ma l’altra persona mi sta già volgendo la schiena

(L. Canuti, A. M. Palma, 2017).

I dirigenti non sono da meno in questa pratica anti-sociale, in certi casi sfruttano la propria posizione di potere per condizionare i loro collaboratori a disconfermare precisi lavoratori indesiderati.

Le conseguenze per le persone oggetto di disconferma “professionale” sono importanti, vanno a interessare la sicurezza personale, l’autostima, la considerazione di sé.

 

Disconferma
Disconferma “professionale” di gruppo

 

 

Ricucire il taglio della disconferma

Riteniamo sia un’operazione possibile negli ambienti in cui siamo obbligati a restare (luogo di lavoro) e in quelli in cui desideriamo rimanere (parrocchiali, sportivi).

Ci è risultata un’operazione altamente improbabile relativamente alle persone che non sono obbligate a frequentare chi hanno disconfermato.

Abbiamo letto riguardo alla disconferma operata dai genitori verso i figli, essendo interazioni molto delicate, gli studiosi consigliano di rivolgersi a esperti specializzati (psicoterapeuti, psichiatri).

In generale, se si desidera ovviare a una disconferma subita è consigliabile affrontare con impegno e coraggio le persone responsabili. E’ necessario aggirare la disconferma pregressa instaurando un dialogo, creando un impegno alla quale “ancorare” l’individuo scelto (Goffman). Gli esperti suggeriscono di affrontare la persona e di chiedere spiegazioni riguardo al suo comportamento anti-relazionale, confermando la propria presenza nell’ambiente comune. Con garbo e simpatia.

Rimane utile il consiglio di creare una propria rete sociale alternativa, che funga da supporto verso coloro che si sono serviti della disconferma.

Non è facile, proprio perché la disconferma, specialmente sul luogo di lavoro, è usata al pari di una vera arma.

 
 

Per concludere (ma solo temporaneamente)

La relazione nasce con il fare le presentazioni, viene confermata con semplici gesti d’intesa e con la frequentazione. La relazione muore mediante la disconferma.

Quest’ultima è uno strumento comunicativo utilizzato da chiunque, per eliminare le relazioni scomode, imbarazzanti (con individui impresentabili, discutibili, chiacchierati), scorrette, finte, improduttive. E’ molto più semplice dissolvere e dimenticare una relazione noiosa e antipatica, piuttosto che mantenerla viva lasciando che diventi pura finzione sociale.

Lasciamo allo studio di psicologi e psichiatri l’utilizzo schizofrenico della disconferma, quale manifestazione di una patologia mentale.

 
 
 
 

Riferimenti bibliografici

P. Watzlawick, J. Helmick Beavin, D. D. Jackson, “Pragmatica della comunicazione umana”, Astrolabio, Roma, 1971 

E. Goffman, “Il rituale dell’interazione”, Il Mulino, Bologna, 1988 

R. A. Hinde, “Le relazioni interpersonali”, Il Mulino, Bologna, 1981 

M. Mizzau, “Prospettive della comunicazione interpersonale”, Il Mulino, Bologna, 1974 

L. Canuti, A. M. Palma, “La gentilezza che cambia le relazioni”, Franco Angeli, Milano, 2017 

C. Baraldi, “Il disagio della società”, Franco Angeli, Milano, 1999 

E. Cheli, “Teorie e tecniche della comunicazione interpersonale”, Franco Angeli, Milano, 2004 

 
 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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