Mancanza di empatia

Empatia

Ascoltare in modo superficiale

 

Empatia
Mancanza di empatia

 

 

Antitesi economica

L’empatia è merce carente, ha un alto valore relazionale, ma in natura non si trova in abbondanza. Possiede lo stesso valore economico della pazienza, un bene scarso per eccellenza.

L’empatia non si vende nei negozi, inscatolata dentro imballaggi appariscenti, nemmeno si trova a peso al mercato rionale. Di solito, essa si esperisce nelle relazioni con conoscenti, amici, parenti. Insomma, nelle relazioni strette. Parimenti, se ne fa esperienza in negativo ossia osservando la sua mancanza. Quando non c’è, appaiono l’egoismo l’indifferenza il cinismo.

Nell’essere lasciati soli davanti alle difficoltà si potrebbe riflettere sulla mancanza di empatia. Quando le domande non trovano adeguate risposte, oppure quando non si riceve ascolto.

Il paradosso dell’empatia è la sua scoperta nelle relazioni con alcuni estranei, in spazi e tempi non definiti, i quali mossi a compassione ci vengono in aiuto. E’ sufficiente ricevere una buona parola per essere riscaldati al fuoco dell’empatia.

 

Generalizzazione

Nello spazio in cui il sociale raggiunge i più alti livelli di generalizzazione, l’empatia è carente. Pensiamo al luogo di lavoro, nel quale le relazioni sono superficiali, competitive, egoiste. La comprensione della persona altrui è difficile, poco probabile. Solo grazie a relazioni amicali possono attecchire le radici dell’empatia.

La gerarchia dirigente/lavoratore è un diserbante naturale per l’empatia. Il rapporto cliente/fornitore relativizza esplicitamente la relazione al piano commerciale, in cui la comunicazione assume toni artefatti, privi di coinvolgimento. La relazione di lavoro è costretta su piani di risultato, non personali.

 

Individualismo

Ci risulta naturale, ma anche doveroso, sottolineare ancora una volta il carattere monetario della cultura moderna. Vige l’impersonalità tipica del denaro, che tutto può acquistare e mettere sullo stesso piano, senza differenze. Si passa, spesso, a considerare anche le persone come beni/merci, in modo astratto.

«Oggigiorno siamo generalmente molto più dipendenti dal fornitore, ma lo cambiamo tutte le volte che vogliamo: siamo cioè di gran lunga più indipendenti da ogni persona determinata. Un rapporto del genere non può che produrre un forte individualismo, in quanto non è l’isolamento a separarci dagli altri, bensì il tipo di rapporto che abbiamo con loro, privo com’è di riguardo per chi essi siano, anonimo e noncurante com’è della loro individualità. Questo è ciò che rende gli uomini reciprocamente estranei e sospinge ciascuno in sé stesso» (G. Simmel).

In questo senso siamo lontani dalla relazione empatica, dal coinvolgimento genuino verso altri individui.

 

L’empatia non è un oggetto

La parola empatia ha ricevuto un notevole impulso negli studi filosofici e psicologici degli ultimi trent’anni, tuttavia rimane un termine distante, poco chiaro. L’empatia non è un piatto regionale, non è un oggetto né un prodotto tipico locale, non è una lettera d’amore. L’empatia è un modo di comunicare con altri essere umani.

Secondo la definizione della Treccani, l’empatia è la «capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro».

La psicologia riconosce l’empatia come un’abilità sociale basilare per una comunicazione interpersonale efficace e gratificante.

«Il termine empatia deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni.

L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependo, in questo modo, emozioni e pensieri. E’ l’abilità di vedere il mondo come lo vedono gli altri, essere non giudicanti, comprendere i sentimenti altrui mantenendoli però distinti dai propri» (dal sito State of Mind)

 

Essere disposti ad ascoltare

«Il dialogo presuppone l’ascolto. Non c’è dialogo senza ascolto partecipe dell’altro, senza il nostro impegno a comprendere quanto l’altro ci vuole comunicare. (…)

Per ascolto non intendiamo il semplice tacere per permettere all’altro di parlare, un fare a turno nel prendere la parola: non si ascolta con le orecchie ma con la mente. L’ascolto è un atto volontario che oltrepassa le parole» (F. Nanetti, 1998).

 

L’ascolto empatico

Ascoltare una persona in modo autentico è un atto impegnativo, poiché è necessario prestare attenzione, è necessario sintonizzare la propria mente sul messaggio che viene trasmesso. Spesso, si usa il tempo impiegato dall’interlocutore per raccogliere le idee e poi parlare, non si è ascoltato.

Ancora più impegnativo è l’ascolto empatico.

«L’ascolto empatico non vuole esplorare la razionalità del discorso dell’altro, ma vuole comprendere le sue motivazioni ed intenzioni sottese. Con l’ascolto empatico ci si mette nei panni dell’altro, ci si pone dal suo punto di vista, si entra nella sua visione della realtà, per cogliere non in modo analitico ma intuitivo, diretto, immediato, la totalità e l’essenzialità del suo esserci. (…)

Chi ascolta empaticamente non prepara le risposte mentre l’altro parla, non interrompe, e se lo fa è per fare domande per assicurarsi di avere correttamente capito» (Ibidem).

Impegnarsi ad ascoltare una persona può essere faticoso, noioso, si deve orientare la propria attenzione ad essa, ci si sforza a capire le eventuali difficoltà altrui. La comunicazione empatica va in direzione opposta all’egoismo individuale, non è un’operazione automatica.

 

Comunicazione rispettosa

A chi non è mai capitato di interloquire con una persona che faceva dell’incontro un monologo su sé stessa? Si tratta di persone che parlano ininterrottamente concentrando la propria attenzione unicamente sui propri pensieri, senza lasciare spazio agli altri. In questo insieme ci permettiamo di inserire anche coloro che insistono sulle loro ragioni (per ideologia, per egocentrismo, per snobismo) prevaricando il tempo e i contenuti altrui.

In questi esempi manca, ovviamente, un ascolto empatico, manca una disponibilità emotiva verso l’altra persona. Per una corretta e genuina comunicazione, invochiamo «una disponibilità affettiva che possa investire in ugual misura il sé e l’altro, senza che l’accettazione del sé comporti la negazione dell’altro» (M. Mizzau, 1974).

Anche presso persone, che pubblicamente si dichiarano democratiche e pienamente tolleranti (quindi ideologicamente schierate), abbiamo osservato modalità non empatiche non emotive di confronto comunicativo. Al contrario, abbiamo notato l’urgenza di quelle persone di ottenere una simbolica vittoria durante la comunicazione. “L’avere ragione” sembrava essere l’unico interesse nel dialogo, non c’era alcun rispetto dell’altro.

 

Comunicazione empatica deviata

Capita che una persona si relazioni più facilmente con estranei che con i propri cari (famigliari e amici). Per motivi tutti da scoprire, essa prova empatia per sconosciuti e ignora i segnali di relazione provenienti dalla propria cerchia ristretta. Potremmo affermare che sia una comunicazione distorta, deviata dal suo naturale corso.

Un esempio piuttosto facile è la situazione famigliare descritta nel film “Mary Poppins”. La storia ci mostra la situazione di due bambini in una famiglia inglese diremmo benestante economicamente, ma povera di relazioni. Il padre lavora in banca e la madre passa il tempo in giro per Londra a manifestare a favore del suffragio universale femminile. I due adulti sono empatici verso estranei alla famiglia, non nutrono alcuna empatia verso i loro figli. La situazione cambia quando entra in scena la baby sitter migliore del mondo, Mary Poppins appunto. Un estranea alla famiglia si relaziona empaticamente con i due bambini, ponendo rimedio alla carenza mostrata dai due sciagurati genitori.

 

Un fiore che può appassire

Avere di fronte una persona che ci ascolta con attenzione si potrebbe paragonare alla scoperta di un fiore appena sbocciato. A chi non farebbe piacere?

 

Empatia
L’empatia è come un fiore sbocciato

 

Non possiamo obbligare la gente che incontriamo ad essere empatica, non si tratta di una questione morale, bensì di competenza relazionale.

L’empatia ha una certa rilevanza sociale, poiché migliora la comunicazione tra le persone. Tentare di comprendere i cattivi comportamenti di chi abbiamo davanti (insolenza, rabbia, maleducazione) può condurci a ristabilire una corretta e proficua interazione.

Se e quando non otteniamo, o non riusciamo a dare empatia, la comunicazione appassisce e cade.

La mancanza di empatia è un problema di comunicazione, è assenza di ascolto, di comprensione di una o più persone con cui si sta a contatto.

 
 
 
 

Riferimenti bibliografici

F. Nanetti, “L’arte di dialogare”, Quattroventi, Urbino, 1998, p. 13-17

F. Nanetti, “La comunicazione trascurata”, Armando Editore, Roma, 1996, p. 127-130

M. Mizzau, “Prospettive della comunicazione interpersonale”, Il Mulino, 1974, p. 75-79

H. Franta, G. Salonia, “Comunicazione interpersonale”, LAS, Roma, 2015, p. 66-69

I. Matteucci, “Agire comunicativo e contenuto di senso”, Quattroventi, Urbino, 1994, p. 102-104

G. Simmel, “Il denaro nella cultura moderna”, Armando Editore, Roma, 1998, p.77-78

R. A. Hinde, “Le relazioni interpersonali”, Il Mulino, Bologna, 1981

 
 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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