Morire di noia

Morire di noia

Un nemico invisibile ma temibile

 

Noia
Morire di noia

 

 

«Che noia, che barba, che noia»

(Sandra Mondaini)

 

«Poi dici cose giuste al tempo giusto

E pensi il gioco è fatto è tutto a posto

Si, d’accordo ma poi…

Tutto il resto è noia

No, non ho detto gioia, ma noia, noia, noia

Maledetta noia»

(Franco Califano, 1976)

 

Un aspetto trascurato della vita personale

Finora non abbiamo notato persone parlare seriamente del fattore noia, probabilmente si tratta di un argomento così personale e intimo da non rientrare nell’elenco di quelli da esternare. Chi ne parla, lo fa in modo molto superficiale, come se si trattasse del fastidio causato da una singola zanzara.

L’argomento noia ci è parso simile, nella sua divulgazione, ad altri molto personali come la solitudine e il disagio sociale. Chi è afflitto da questi problemi, meglio preferirebbe confrontarsi con persone fidate, piuttosto che con chiunque. Indubbiamente, la noia sottende delle difficoltà incontrollate.

 

«La noia è prima di tutto qualcosa in cui viviamo e non qualcosa su cui riflettiamo sistematicamente»

(L. Fr. H. Svendsen)

 

L’identikit

Riconoscere la noia è un’operazione istintiva, non di frequente ci si ferma per delinearne gli aspetti che ci riguardano.

Una definizione di carattere psicologico descrive la noia «come il prodotto di una tendenza ad operare, di una aspirazione che corre nel vuoto perché manca una cosa degna di nota». Per concludere il breve riferimento, aggiungiamo che la noia è concettualmente «l’esperienza di un’aspirazione senza finalità» (J. Revers).

In concreto, la persona annoiata avverte la mancanza di un oggetto interessante, al quale dirigere la propria attenzione, per conseguire la propria finalità.

Avendo di fronte una mancanza, è facile avvertire il vuoto e definire più efficacemente la noia come lo stato d’animo del nulla (L. Fr. H. Svendsen).

La noia è incomunicabilità, è mancanza di rapporti con le cose (A. Moravia).

 

Noia
La noia è come il vuoto di un buco nero

 

Personalizzazione di uno stato d’animo

La noia non è tale per tutti alla stessa maniera. C’è chi la scorge nel ripetersi di gesti senza riflessione; chi ne intravede la sagoma in uno stato di inerzia o di tristezza; chi pensa all’auto quando non funziona a dovere; c’è poi chi la cita di fronte a persone moleste e sgradevoli.

La noia può essere l’obbligo a guardare un brutto film. Può essere la costrizione a fare azioni senza progettualità. La noia è dover perdere tempo a causa di un individuo maleducato o ignorante.

Ciò che è noioso per Francesco potrebbe non esserlo per Giulio. La contabilità per Franca è una noia mortale, per Miriam invece è molto divertente.

Ipotizziamo, tuttavia, che la noia in quanto sentimento sia sgradevole in sé, per chiunque. Il primo passo importante è riconoscerla con una certa precisione.

 

Disagio

E’ evidente che sentire dentro di sé il vuoto non conduce a uno stato d’animo allegro. Si avverte il disagio di stare perdendo tempo, di non usarlo in modo proficuo. Azioni ripetitive oppure assenti. Manca un oggetto capace di destare il nostro interesse: per oggetto possiamo riferirci a qualcosa di non animato ma soprattutto a una compagnia degna del momento. E’ l’assenza di “qualcosa” di piacevole, di interessante. Se non si trova una soluzione il disagio resta, si consolida.

«Per annoiarsi bisogna essere consapevoli di una mancanza di senso o di significato, o per lo meno avere la possibilità di rendersi conto, in un momento successivo, di essersi annoiati in una certa occasione perché la situazione era priva di significato» (L. Fr. H. Svendsen).

Per Alberto Moravia la noia è sofferenza, che descrive nel suo romanzo ad essa dedicato: «la mia noia potrebbe essere definita una malattia degli oggetti, consistente in un avvizzimento o perdita di vitalità quasi repentina; come a vedere in pochi secondi, per trasformazioni successive e rapidissime, un fiore passare dal boccio all’appassimento e alla polvere. (…) Ripresi dunque, a soffrire di noia nonostante la pittura; anzi, poiché la noia interrompeva automaticamente la pittura, mi resi conto della intensità e frequenza del mio vecchio male con maggiore precisione di quando non dipingevo».

 

Che giornate

Domenica pomeriggio, in piena estate, luglio o agosto è indifferente. Si apre un panorama fatto di ore vuote, di mancanza di idee, di solitudine più o meno indotta. Il nulla si staglia davanti agli occhi, dopo avere fissato l’orologio sulla parete della cucina. Non si intravede niente di interessante.

Non importa se la sera prima c’è stato un via vai sullo stile del carnevale di Rio de Janeiro, il giorno dopo è di scena il nulla, che introduce una noia preoccupante.

 

Sul luogo di lavoro

Passare le ore in ufficio a inserire dati tutti uguali, a fare telefonate senza possibilità di variazione alcuna.

Sulla catena di montaggio fare gli stessi movimenti per almeno otto ore filate, spostare materiali con lo stile di un automa, andare avanti e indietro sulle stesse linee.

Subire le vessazioni di colleghi e dirigenti arroganti provoca noia, probabilmente annulla anche i pochi interessi sul luogo di lavoro.

Il tempo è percepito come incolore, fermo e stagnante, privo di senso.

 

Noia
Noia durante il tempo del lavoro

 

Usare il tempo

Siamo in fila alle poste, oppure presso un altro ufficio pubblico. L’attesa è sempre lunga e improduttiva. Osserviamo le azioni delle altre persone che attendono il proprio turno. Alcuni sbuffano irritati, altri giocano con lo smartphone, certuni provano a chiacchierare del più e del meno con il vicino di sedia. Il tempo pare non passare mai, il proprio turno è di là dall’arrivare. Non sapendo di preciso quanto si debba rimanere in attesa, la maggioranza della gente è impreparata, avverte noia, consciamente o no. I tentativi che si fanno sono tutti diretti ad ingannare il tempo, o meglio ad “ammazzare il tempo”.

La noia fa percepire il tempo in maniera distorta, sembra che i minuti siano pesanti macigni da spostare altrove. La noia compare quando il tempo non è impiegato in attività produttive, interessanti. Lo stesso si potrebbe affermare delle giornate trascorse senza progetti, senza compagnia, senza idee. Si prova ad ammazzare il tempo, facendo azioni che distraggono la nostra attenzione.

 

Uno stato d’animo moderno e occidentale

Dagli studi che abbiamo considerato, pare che la noia sia uno stato d’animo prettamente occidentale e moderno.

Per ovviare alla noia, le persone cercano sempre nuovi stimoli, nuove tensioni, nuovi piaceri, che alla lunga possono sfociare in affannosa attività di fuga dalla noia stessa (J. Revers). La cultura occidentale urbana è edonistica, votata alla ricerca del piacere, all’individualismo.

L’individuo Blasè (G. Simmel), è il moderno modello di persona sovrastata dalle sollecitazioni, in città dalle mille opportunità di consumo. Il Blasè cerca sempre nuovi stimoli, nuove tensioni di piacere, finendo nelle braccia della noia quando le sue sinapsi finiscono per essere sovraccaricate.

La noia, pertanto, ha conseguenze di carattere sociale, in quanto l’individuo Blasè dimostra di essere meno incline alle sollecitazioni relazionali interpersonali e più a quelle del piacere virtuale.

L’uomo occidentale metropolitano è tendenzialmente votato all’attività continua, al riempimento del proprio tempo, all’attivismo iperteso, al consumo.

 

Stanchezza

Ci sono dei tratti comuni tra stanchezza e noia. Se decliniamo la stanchezza in fisica e mentale, riteniamo quella mentale molto vicina allo stato d’animo conosciuto come noia. Essere stanchi di qualcosa è uno stato d’animo prima indecifrabile che diventa poi gradualmente più definito, si tratta di persone e/o di vicissitudini del quotidiano; del lavoro come del nulla cui andiamo incontro.

Talvolta confondiamo la stanchezza fisica con quella mentale, quest’ultima prodotto di situazioni vuote, congiunte alla percezione della noia. In verità, siamo stanchi di azioni obbligate, di incontri imposti, di ripetizioni forzate dalla vita sociale urbana.

Si può giungere a percepire stanchezza di fronte alla compagnia di amici che, tuttavia come sottolinea Peter Handke (narratore e saggista austriaco), non è poi così pericolosa proprio perché ha per oggetto gli amici. Il vincolo di amicizia permette di sublimare la stanchezza e di ritrovare il piacere della socievolezza in altri momenti.

La stanchezza giunge spesso dopo una crisi personale, dopo avere superato la misura di sé stessi, dopo avere percepito il vuoto della noia. Per Handke «la stanchezza inventa sull’altro la sua storia», abbiamo di fronte separazioni, probabilmente il vuoto relazionale.

Per noi, la stanchezza mentale, di qualcuno e di certe situazioni, è molto vicina allo stato d’animo della noia, non è uno stato positivo. Al contrario, riteniamo che la stanchezza fisica ottenuta al termine di un lavoro e di un progetto sia uno stato positivo, appagante, contrario alla noia.

 

Solitudine

«Determinati stati d’animo aprono alla socialità (ad esempio la felicità), mentre altri aprono alla solitudine (ad esempio la noia). (…) Ognuno di noi ha i propri stati d’animo, ma accade anche che spesso li condividiamo con gli altri» (L. Fr. H. Svendsen).

Se si è annoiati, sono più alte le probabilità che si sia meno propensi alle relazioni interpersonali. Non sempre la chiusura in sé stessi è il prodotto di una sana voglia di riflessione, del desiderio di ricaricare le batterie dopo giornate immersi nella socialità.

La solitudine è insopportabile quando si percepisce la mancanza di una relazione significativa, che colmi il vuoto in quel preciso istante. Anche la noia esprime una mancanza, ci mostra un vuoto. Solitudine e noia sono entrambe stati della nostra coscienza, sono segnalazioni di malfunzionamenti in piena correlazione al tempo che viviamo.

 

Noia
Solitudine e noia

 

Siamo soli e ci annoiamo; ci annoiamo perché siamo soli. Pare davvero che il fulcro di quelle forze sia di carattere squisitamente sociale.

Sull’altro lato sono coloro che hanno solidi interessi e fantastici progetti, grazie ai quali fanno a meno della socialità e della compagnia, cui anelano invece gli individui soggiogati dalla solitudine e dalla noia. Tuttavia, supponiamo che anche per i magnifici solitari giunga il momento di cercare un buon contatto umano.

 

C’è rimedio alla noia?

Parlare di rimedio al vuoto equivale al tentativo di riempire un contenitore. Osservare di essere caduti nel vuoto della noia è già un buon punto di partenza; se poi si passa alla volontà di uscire da quel vuoto, allora abbiamo intrapreso una strada positiva.

Con la noia, nuotiamo in uno stagno del nulla, vuoto di idee e di progetti. Spesso sperimentiamo la mancanza di qualcuno, che ci regali contenuti di senso; oppure di un progetto che ci porti lontano con la fantasia.

Lo stato d’animo della noia potrebbe essere una spina, che ha lo scopo di farci riflettere sulla nostra esistenza e su come impieghiamo il tempo a nostra disposizione. Potremmo considerare la nostra personale noia come un reagente biochimico che segnala qualcosa che non va. Una mancanza appunto, oppure un semplice cattivo uso del nostro tempo.

Se pensassimo alla noia come a un invito a riflettere su noi stessi e su ciò che facciamo, potremmo giungere a una convivenza con essa ben più produttiva del solito. D’altronde conviviamo con un numero rilevante di problemi per tutto l’arco della vita, chi più chi meno, chi più affannosamente chi con meno ansia.

 

Cercare significati

Nella moderna vita urbana occidentale, siamo più condizionati a cercare sempre nuovi stimoli e piaceri che possano ovviare allo stato della noia; siamo meno invitati a cercare genuini significati che possano riempire il nostro tempo di progetti e di sane relazioni.

Non abbiamo la presunzione di sollecitare a cercare il significato unico della propria esistenza, bensì a porci delle domande sul proprio stato di coscienza, su ciò che potrebbe aiutarci a migliorare la situazione.

Il sociale risponde, in quei casi, fornendo prospettive ai propri quesiti. Ad esempio con un libro.

«Un bambino sogna ad occhi aperti e immagina di far sparire l’intera famiglia, un po’ per noia e un po’ per dispetto, con un immaginaria Pomata Svanilina; oppure sogna di poter togliere al gatto di casa la pelliccia, di farne uscire l’anima felina e di prenderne il posto, vivendone per qualche giorno la vita, soltanto in apparenza sonnacchiosa (…). Peter Fortune è un sognatore a occhi aperti, un bambino sempre tra le nuvole, che inventa avventure rocambolesche e fantastiche per sfuggire alla noia e alla normalità della sua vita» (I. McEwan, “L’inventore di sogni”).

E’ possibile trovare contenuti di senso nel sociale più positivo, ossia facendo volontariato a favore di persone in difficoltà.

 

Morire di noia

Un divano e una televisione accesa inquadrano perfettamente la fine metaforica di chi cerca salvezza dal morire di noia. Talvolta al posto del telecomando della TV si impugna uno smartphone, senza tuttavia modificare le sorti della giornata. Rimaniamo ipnotizzati davanti a uno schermo credendo di sfuggire ai momenti più noiosi.

 

Noia
Morire di noia

 

Cadiamo nella noia profonda, che è simile allo stato dell’insonnia. «L’annoiato si aggrappa ciecamente e ad ogni costo all’incomprensione, e appunto per questo rimane sempre nella noia» (J. Revers).

In realtà, non nutriamo interessi genuini, né progetti lungimiranti. Il risultato, inconfessato, è il tentativo di uccidere il tempo, ma non di impiegarlo nel migliore dei modi.

 

 

 

Riferimenti bibliografici

J. Revers “Psicologia della noia”, Ed. Paoline, Roma, 1956

L. FR. H. Svendsen “Filosofia della noia”, Guanda, Parma, 2004

P. Handke “Saggio sulla stanchezza”, Garzanti, Milano, 1991

C. Baraldi “Il disagio della società”, Franco Angeli, Milano, 1999

A. Moravia “La noia”, Bompiani, Milano, 1961, p. 7, 13

I. McEwan, “L’inventore di sogni”, Einaudi, Torino, 1994

 

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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