Tom Bombadil

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         I quattro Hobbit varcarono l’ampia soglia di pietra e si arrestarono, abbagliati. Erano in una stanza lunga dal soffitto basso, illuminata a giorno da lampade che oscillavano appese alle travi della volta, mentre sul tavolo di lucido legno scuro un’infinità di candele alte e gialle ardevano allegramente.

Su una sedia all’altra estremità della stanza sedeva una donna. La lunga chioma bionda le scendeva sulle spalle: la sua veste era verde, del verde dei giovani germogli, tempestata di argentee perle di rugiada; e la cintura d’oro pareva una catena di gigli incastonata di non-ti-scordar-di-me. Ai suoi piedi, migliaia di candidi gigli galleggiavano in vasi di ceramica verde e marrone, pari a un piccolo lago intorno a un trono.

“Siate i benvenuti, cari ospiti!”, disse; e a quella voce gli Hobbit capirono che era la stessa limpida voce che avevano sentito cantare poco prima. Fecero qualche timido passo avanti, inchinandosi profondamente ed a più riprese, goffi, stupiti e impacciati come gente che, avendo bussato alla porta di una casetta per chiudere per chiedere un bicchier d’acqua, si fosse improvvisamente travata al cospetto di una splendida giovane regina elfica interamente vestita di fiori. E quando ella corse lor incontro, sentirono il abito frusciare come una dolce brezza sulle rive fiorite di un fiume.

“Venite, cara gente!”, disse, prendendo Frodo per mano. “Ridete e siate felici! Sono Baccador, la Figlia del Fiume”. Quindi passò loro accanto e andò a chiudere la porta, dicendo, mentre vi si appoggiava dolcemente: “Chiudiamo fuori la notte! Forse temete ancora le nebbie oscure e le ombre minacciose degli alberi e le acque profonde e gli esseri malvagi. Non abbiate più paura! Per questa notte siete sotto il tetto di Tom Bombadil!”.

Gli Hobbit la guardarono estasiati e lei li guardò uno per uno e sorrise. “Dolce dama Baccador!”, osò infine dire Frodo, sentendosi profondamente turbato e commosso da una gioia inspiegabile.

Aveva provato a volte una sensazione simile, incantato dalla dolce voce degli elfi; tuttavia questo sortilegio era diverso: un piacere meno nobile e meno intenso, ma più profondo e umano penetrava fino in fondo al cuore, meraviglioso eppure non misterioso. “Dolce dama Baccador!”, disse nuovamente. “Ora capisco da dove veniva la gioia nascosta nelle canzoni che udivamo!

Esile più di un salice! Più limpida dell’acqua! Più brillante di un lume!

O giunco chinato sul lago! O dolce Figlia del Fiume!

Tu sei estate e primavera, e poi nuovamente estate!

Tu delle fronde le risa, e brezza sulle cascate!

D’un tratto si fermò, balbettando, sopraffatto dalla sorpresa di sentirsi parlare in quel modo. Ma Baccador rise.

“Benvenuto!”, disse. “Non sapevo che la gente della Contea avesse favella sì poetica. Ma vedo che sei un amico di Elfi; la luce in fondo ai tuoi occhi e il suono della tua voce ne sono una prova. Qual felice incontro! Sedete adesso, in attesa del Messere della casa! Non tarderà : sta accudendo alle vostre stanche bestie”.

Gli Hobbit si sedettero grati e felici su basse sedie di giunco, mentre Baccador si occupava della tavola; e i loro occhi seguivano ogni suo movimento, la cui grazia, agilità e armonia li riempivano di soave letizia. Dal retro della casa giungeva il suono di un canto. Ogni tanto coglievano, frammisto a molti bel dol e bal dillo e suona un dong dillo, il ritornello:

Vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro;

Ha gli stivali gialli e la giacca blu cielo.

Pubblicato da Il Sociale Pensa

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