La graduale perdita della solidarietà famigliare
“Fiumi, boschi e mari mossi dal vento,
lune su lune, i miei capelli d’argento.
E quando era l’ora dell’ultimo sonno
lasciavo il mio campo per non farvi ritorno.”
“Un falco nel cielo”, Franco Battiato, 1971
Non molto tempo fa
C’era una volta la famiglia allargata, insieme di due o più nuclei famigliari. Era la consuetudine tipica dell’ambiente rurale. Una volta sposati, i figli costituivano una nuova famiglia e la aggregavano a quella di origine. Nel casolare di campagna, veniva ricavato uno spazio per i nuovi arrivati, che contribuivano all’economia generale con il loro lavoro e la loro collaborazione, in tutte le faccende domestiche.
I bambini erano accuditi e controllati da tutti, non solo dai genitori. Lo stesso si poteva affermare degli anziani, accompagnati dall’intera famiglia nell’autunno della loro esistenza. Nessuno veniva lasciato solo, sebbene fosse penoso occuparsi dei problemi fisici e mentali degli anziani di famiglia. La solitudine era esorcizzata in modo naturale, rimanendo tra i propri cari.
La situazione è mutata
La famiglia allargata non è più presente come un tempo, ne rimane traccia in qualche luogo di collina/campagna e nella memoria degli anziani.
Con essa sta svanendo la solidarietà che la connotava.
L’inurbamento delle persone non prevede spazi abitativi così ampi da accogliere più di un nucleo famigliare. I figli creano la propria famiglia e, spesso, si insediano in un appartamento di medie dimensioni; i genitori, ormai anziani, rimangono soli nella loro casa storica, oppure si spostano anch’essi in un appartamento di più modesta grandezza. I figli sono sempre meno propensi/liberi di aiutare i loro genitori anziani.
La complessità sociale del lavoro in città ha tempi e modi di gran lunga diversi dal lavoro agricolo. La professione monopolizza molte ore della giornata, i giovani hanno poco tempo da dedicare persino ai bambini.
La solidarietà famigliare si riduce, si dirada.
Indipendenza/non autosufficienza
Fintanto che la condizione degli anziani non peggiora drasticamente, i giovani possono condurre una vita tutto sommato non eccessivamente caotica. La routine quotidiana è si frenetica, ma sostanzialmente rimane sotto controllo.
I nonni riescono a dare il loro contributo nella cura famigliare, con qualche spesa, con il loro tempo da passare assieme ai nipotini, sollevando in tal modo i giovani da qualche incombenza. Le famiglie riescono addirittura a concedersi del tempo di vacanza, o di relax a casa.
Tutto cambia nel momento in cui, un anziano (padre, madre, zio, nonno, nonna) entra in una fase di declino personale, cognitivo e/o fisico. Inizia la fase di dipendenza dell’anziano, dalle persone che gli sono più vicine: il coniuge, i figli.
Scala di dipendenza
Nelle varie attività quotidiane, l’anziano può perdere la sua autonomia, creando una serie di difficoltà a carico dei famigliari:
- Lavarsi
- Vestirsi
- Uso dei servizi
- Trasferimento / mobilità
- Continenza
- Alimentarsi.
L’indice di dipendenza è valutato per mezzo della Scala ADL.
Si capisce che alti livelli di non autosufficienza dell’anziano creano seri problemi alle attività quotidiane della famiglia.
Chi è disponibile?
Ripensando alla cara vecchia famiglia allargata, potremmo affermare che il problema dell’assistenza degli anziani sarebbe gestito in maniera tranquilla, grazie alla disponibilità di più persone.
Purtroppo però, le famiglie sono attualmente pressate da varie difficoltà, conducono una loro esistenza separata e lontana dagli anziani.
E’ necessario sondare la disponibilità all’assistenza di ogni suo membro (i cosiddetti “caregivers”).
Solidarietà
Donare il proprio tempo senza ricevere un corrispettivo in denaro è sinonimo di solidarietà. Lo stesso vale per il dono delle proprie risorse, qualunque esse siano. Il tempo è una risorsa preziosa, soprattutto nei tempi attuali. “Il tempo è denaro” (cit.).
Serve molta forza di volontà unita a tanto affetto per dedicarsi a un famigliare non autosufficiente. Abbiamo notato che spesso vince l’egoismo, facilmente vince l’interesse personale. Non tutti sono disponibili a rinunciare al proprio tempo (che sia professionale o di svago) per accudire un famigliare, sebbene si tratti di un genitore.
Abbiamo conosciuto i casi silenziosi di uomini e donne che si dedicano quotidianamente ai propri cari non autosufficienti, con molta pazienza. Che dire poi di coloro che con grande affetto si dedicano alla cura di anziani vicini di casa oppure in istituti religiosi.
Senza tempo, senza risorse
Le famiglie si trovano davanti a un bivio: accudire a casa il proprio famigliare anziano, oppure chiedere aiuto all’esterno.
I casi in cui mancano le risorse in famiglia possono essere vari, la carenza è spesso il risultato di situazioni complicate. La solidarietà viene meno, pian piano svanisce. Gli anziani sono individuati come un peso, diventano un ostacolo alla vita cosiddetta normale.
Urgono soluzioni che riportino la tranquillità nella giovane famiglia.
Soluzioni esterne
I famigliari non possono (talvolta, sempre più spesso non vogliono) dedicarsi alla cura del proprio anziano, guardano principalmente a due soluzioni: una struttura di accoglienza; una badante (assistenza personale a domicilio).
L’anziano è abbandonato?
Chi inizia ad occuparsi dell’anziano è per lui un vero e proprio estraneo, è una persona esterna alla famiglia. E’ facile che si senta abbandonato, sebbene i suoi famigliari abbiano progettato per lui un’assistenza completa. Nel momento più delicato della sua esistenza, l’anziano è allontanato dai propri cari (figli, nipoti).
Abbiamo udito la frase: “non si può fare altrimenti”.
L’assistente famigliare
La prima e più veloce scelta è data dalla chiamata di un’assistente personale, detta comunemente (e volgarmente) badante. Numerose famiglie si rivolgono ad agenzie e cooperative sociali specializzate nell’offrire servizi specifici alla persona.
L’assistente famigliare (così è definita dalla normativa) può essere una semplice lavoratrice tutto fare, oppure possedere una qualifica di OSS (operatore socio sanitario) che ne valorizza le capacità professionali a tutto vantaggio degli anziani non autosufficienti.
Altre famiglie si rivolgono a patronati e privati, per ottenere nomi di persone che si dedicano autonomamente al servizio di assistenza domiciliare. Si tratta di un sottobosco molto ampio, in cui è necessario fare molta attenzione a valutare la persona da assumere.
La cronaca segnala reati commessi da badanti troppo disinvolte: Mantova, Marotta, Varese.
Residenze per anziani
Nostro malgrado, abbiamo visitato alcune residenze per anziani, luoghi in cui sono accolte persone non più autosufficienti, per cause fisiche e mentali.
Onestamente, non possiamo sostenere che in tutte ci siano alti standard di accoglienza e di cura. In particolare, in alcune residenze private abbiamo osservato modelli di assistenza sotto le aspettative. Alcuni addetti non trattavano adeguatamente bene gli ospiti. Le chiamate erano gestite superficialmente, la somministrazione dei medicinali era lacunosa e approssimativa, la pulizia personale era insufficiente.
Sicuramente i controlli per la valutazione della qualità del servizio offerto agli ospiti erano pilotati od opportunamente evitati.
I costi per le famiglie rimangono esorbitanti, dai cinquanta ai settanta euro al giorno, per un servizio sotto le aspettative.
Chiunque nel possesso delle proprie facoltà mentali si sentirebbe abbandonato e vilipeso.
Personale scorretto
Abbiamo svolto una piccolissima indagine, facendo domande presso parenti, amici e conoscenti. Ciò che abbiamo raccolto è una serie di informazioni date per ovvie dalla maggioranza degli interpellati, tanto che la frase più frequente suonava così: “perché non lo sapevate che là dentro funziona così?”.
“là dentro” si riferisce alla casa di riposo per anziani, che nel gergo popolare è detta “il ricovero”, oppure “i vecchioni”.
Chi ci ha risposto ha confermato ciò che reputa la normalità: carenza della qualità del servizio generale. In particolare, nelle case private.
Ci è stato detto che la gestione è votata al risparmio, sul cibo, sul personale lavorante. Quest’ultimo rappresenta uno dei nodi più importanti dell’intera questione: sono infatti gli operatori che accudiscono gli ospiti non autosufficienti, che dovrebbero dare loro aiuto e conforto. Nelle parole degli interpellati, pare invece che esistano regolarmente operatori scorretti e non professionali, che siano normalmente impiegati senza verifiche né controlli puntuali.
Anche certi proprietari delle case di riposo private possiedono una quota di responsabilità se il servizio offerto non è congruo.
Saltuariamente, la cronaca locale e nazionale ci informa sulle scoperte fatte dalle Forze dell’Ordine, riguardo ai maltrattamenti cui sono stati sottoposti gli anziani in alcune strutture di accoglienza. Anche all’estero.
Durante la pandemia
Durante il tempo della chiusura totale del Paese decretata dal Governo italiano (il famigerato “lockdown”), da marzo 2020, si sono verificati casi tremendi di incuria e abbandono degli anziani in alcune residenze a loro dedicate (Pio Albergo Trivulzio). La paura del contagio ha fatto scappare degli operatori, ha costretto gli ospiti a non vedere i loro famigliari, si sono verificate scorrettezze molto gravi.
Sappiamo che la Magistratura sta svolgendo un’inchiesta molto delicata, ma sulla stampa sono trapelate notizie sconcertanti. I famigliari hanno denunciato atti gravissimi a danno di persone deboli e indifese.
Fatti analoghi sono accaduti in Spagna e Canada, creando uno sconcerto preoccupante. Numerosi anziani sono stati letteralmente abbandonati a loro stessi, lasciati morire in solitudine e di stenti.
L’inevitabile abbandono
Parlare di anziani abbandonati non è solo una semplice e facile provocazione, ma più fortemente è un invito a riflettere.
Nell’era della globalizzazione, la famiglia tradizionale ha perso le risorse interne per accudire i propri anziani non autosufficienti. L’individualismo, l’egoismo, il tempo dedicato al lavoro, la carriera, la scarsa empatia, o la semplice mancanza di possibilità, hanno contribuito a generare l’uscita degli anziani dai loro ambienti famigliari.
L’anziano, spesso, è abbandonato e lasciato alle cure di estranei (le note badanti, gli operatori di una residenza), nel pericolo di essere maltrattato e umiliato.
Nella stagione finale dell’esistenza, chi si meriterebbe un trattamento simile? Probabilmente nessuno.
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