Il bisogno del gruppo

Sentire la necessità di essere parte di un “noi”, di un collettivo

 

Anche la nazionale di Judo è un gruppo

 

 

 

Una categoria generica

E’ stato solidamente evidenziato che il gruppo è un concetto generale e dato per scontato da una parte delle scienze sociali (C. Baraldi, 1996).

Il concetto di gruppo (sociale) raffigura un complesso insieme di elementi che ruotano intorno alla comunicazione (sociale) delle persone, dentro e fuori degli insiemi formati dalle persone stesse. Gruppi piccoli o grandi, inclusivi o esclusivi, osservabili partendo dalle persone o dall’unità del loro insieme, come le classi sociali.

A ben notare, abbiamo di fronte un panorama facilmente complicabile, pertanto desideriamo spostare l’attenzione sul semplice beneficio che le persone traggono dal sentirsi parte di un qualsiasi gruppo: sportivo, parrocchiale, politico, professionale, lobbystico.

 

Vita in comune

Stare in compagnia, oltre ad essere un piacere, è una necessità. Potremmo affermare che l’incontro e la permanenza con altre persone siano un bisogno tipicamente antropologico.

L’uomo è un animale sociale, che manifesta in mille modi il desiderio di formare e mantenere rapporti con i suoi simili. (…) Il bisogno di appartenenza è così fondamentale da incidere notevolmente sulla nostra salute, sia fisica sia psicologica” (M. Miceli).

Si tratta, nello specifico, del senso di appartenenza a un “noi” a un collettivo, a una piccola comunità.

Dietro l’apparenza del gruppo, opera efficacemente un intervento incentrato sulla comunicazione interpersonale” (C. Baraldi).

 

Una ‘soluzione’ sociale

Il gruppo può fornire legami interpersonali forti, nel migliore dei casi funziona come una piccola comunità. Esso rappresenta un efficace antidoto alla solitudine, risolve in parte le conseguenze dell’individualismo radicato nella moderna vita urbana (Simmel).

Dentro al gruppo sono disponibili risorse comunicative indispensabili: ascolto, solidarietà, aiuto, sostegno, rispetto.

Per noi, è una delle migliori espressioni del sociale, è l’antitesi della finzione che domina nelle relazioni interpersonali dei vari contesti metropolitani.

 

Il gruppo come agente di socializzazione

Tutti i membri di una società ricevono gli insegnamenti per poter stare all’interno della stessa società di appartenenza. Fin dalla nascita, ognuno ottiene informazioni sotto varia forma, per diventare membro della società.

La famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, in seguito i gruppi sportivi e professionali, forniscono gli elementi della socializzazione. Risulta pertanto naturale osservare l’importanza dei vari gruppi per la crescita personale di chiunque, per una corretta socializzazione e partecipazione alla vita collettiva.

In particolare, i gruppi primari offrono alle persone risorse fondamentali grazie alle relazioni interpersonali, ai vincoli emotivi: famiglia e amici (A. Giddens, 1994; A. Bagnasco, M. Barbagli, A. Cavalli, 1997).

 

Frequenza dei rapporti personali

Qualunque siano gli obiettivi dichiarati od occulti del gruppo, le persone al suo interno possono sperimentare relazioni interpersonali strette con gli altri membri.

Una squadra sportiva vince se i suoi componenti ne condividono le ambizioni, le strategie, se i membri si muovono in collaborazione.

Un insieme professionale risulta efficiente se i lavoratori riescono “a fare gruppo”, a collaborare, a fidarsi vicendevolmente.

Una equipe medica, ad alta specializzazione, funziona molto meglio se tra i suoi membri intercorrono relazioni strette, se si crea affiatamento.

 

Equipe medico-chirurgica

 

In ogni gruppo, le persone possono intraprendere relazioni primarie tra loro, riconoscere attitudini e interessi comuni. I componenti del gruppo tendono a frequentarsi, a passare del tempo assieme, si conoscono, imparano a fidarsi gli uni degli altri. E’ facile che nascano amicizie.

La frequenza dei rapporti interpersonali tra i membri del gruppo consolidano il gruppo stesso.

 

La nascita del gruppo

Il gruppo osserva sé stesso, si orienta a sé stesso, in quel momento il gruppo si fonda ed esiste (C. Baraldi).

Il gruppo e i suoi membri si distinguono da altri gruppi. La categorizzazione dentro/fuori distingue il gruppo stesso dagli altri e fornisce valore all’esserne parte, consegna identità sociale ai suoi membri effettivi.

La forma Noi/Loro è l’orientamento del gruppo, che si riproduce nella comunicazione:

Noi dello Studio xy chiediamo …

L’ufficio commerciale comunica a codesta amministrazione…

La nostra Associazione Sportiva Dilettantistica ringrazia gli associati per la gentile collaborazione

L’Ente Regione si congratula con l’Equipe del dott. Xx, per la meritevole opera prestata”.

In tal senso, la forma Noi/Loro diventa la struttura di fondazione del gruppo: stabilisce l’identità del gruppo stesso che si osserva differente da ciò che non fa parte del gruppo; inoltre crea l’identità collettiva dei membri che sono parte del gruppo stesso.

Essere dentro al gruppo ha un valore positivo, il Noi ha un senso condiviso (Ibidem).

 

L’identità

Il gruppo è un’esperienza collettiva che si impone come trascendente rispetto alla realtà individuale, e la sua funzione è proprio quella di identificare a sé la singolarità che è vita in modo che questa sia poi costretta ad uscire da Sé, per diventare, appunto, persona” (G. Piazzi).

Le persone pongono tasselli alla propria identità grazie all’appartenenza a un gruppo (M. Rizzardi). Un gruppo sportivo, parrocchiale o ancor di più professionale delineano il profilo delle persone: agonista, campione sportivo, educatore parrocchiale, capo scout, capo progetto, capo cantiere, capo squadra, direttore sanitario, componente dell’equipe medica, membro del Corpo dei Vigili del Fuoco della città, eccetera.

 

Una storia in comune

Durante la frequentazione, i membri del gruppo creano una storia comune con le loro azioni. Passare del tempo assieme, realizzare opere in collaborazione, terminare progetti, oppure anche solo fare pranzo e cena creano una storia, fatta di episodi e aneddoti personali.

I fatti vissuti insieme creano una memoria collettiva, cementano i rapporti tra i membri del gruppo, i rapporti possono diventare molto stretti. Nel tempo, i ricordi mantengono unite le persone.

 

L’illusione del gruppo sempiterno

Ogni gruppo è comunque destinato a finire, a dissolversi, credere che possa invece durante in modo infinitesimale è, purtroppo, un’illusione.

I gruppi di lavoro sono destinati a sciogliersi, a causa del pensionamento dei componenti, oppure per raggiungimento degli obiettivi finali (costruzione di un opera, realizzazione di un progetto). I membri possono essere spostati su progetti diversi.

Nemmeno i gruppi sportivi sono immuni da questa regola: le squadre vengono smembrate dai dirigenti, alcuni giocatori venduti, altri scambiati. Non sarà mai lo stesso gruppo a distanza di anni.

I gruppi scout sono soggetti al fattore tempo, pare che sia quella la loro caratteristica peculiare: lupetti, esploratori, rover hanno una coesione a scadenza, terminato il periodo di unione sancito dal loro statuto. Si passa da un sotto gruppo all’altro, alla fine di tutto solo pochi rimangono, ma non si tratterà più del gruppo iniziale. Si possono formare nuovi gruppi che sono naturalmente diversi.

Anche i gruppi militari non sono destinati a durare per sempre. Le squadre a grande specializzazione hanno durate specifiche, i militari possono essere trasferiti in qualunque momento, cambiano gruppo indicativamente anche spesso.

 

Il gruppo classico e la sua fine

Gli amici del quartiere rappresentano un esempio emblematico di gruppo, manifestano coesione, solidarietà, unione e identità. Con gli amici del quartiere si trascorre tempo, non solo in maniera quantitativa ma soprattutto qualitativa. Il gruppo degli amici di quartiere non può esistere per tutta la vita dei suoi membri, sebbene essi affermino il contrario. Anche a distanza di tempo, si afferma di rimanere “comunque” amici, illudendosi che il gruppo sia rimasto tale e quale a venti o trent’anni prima.

 

Il gruppo degli amici di quartiere, dal film “Stand by me” 1986

 

Arriva il momento in cui manca la frequentazione, sono cambiati gli interessi in comune, si sono dissolti gli eventuali rituali (fare esperienze in comune, giocare a carte o a pallone, mangiare insieme, andare a teatro, ai concerti o al cinema), sono cambiate le abitudini senza che nessuno si fosse posto il problema di come riprendere quelle passate.

I diversi ruoli dei membri possono interferire sulla durata del gruppo: cambiare città per lavoro o per matrimonio, per studio.

E’ altrettanto vero che possono insorgere divergenze, difficoltà di convivenza, incomprensioni, attriti, scontri verbali o fisici per motivi diversi, che condizionano le persone ad uscire dal gruppo.

Semplicemente, arrivato a un certo momento della sua esistenza, il gruppo cessa di osservarsi come tale, si dissolve la sua identità, i membri non si identificano più in esso, non si sentono più parte di esso.

Cambiano gli obiettivi e i progetti dei singoli, le opportunità dirigono altrove le persone. Quel determinato gruppo non esiste più.

 

 

Nota bibliografica

K. Danziger, “La socializzazione”, Il Mulino, Bologna, 1972

V. Persichella, “Questioni di socializzazione“, Laterza, Bari, 1996 

C. Baraldi, “Comunicazione di gruppo”, Franco Angeli, Milano, 1988

J. Luft, “Introduzione alla dinamica di gruppo”, La Nuova Italia, Firenze, 1994

C. Baraldi, G. Piazzi, “Costruzioni sociali del gruppo”, Quattroventi, Urbino, 1996 

M. Rizzardi, “La costruzione del mondo personale e sociale – Vol. I”, Quattroventi, Urbino, 1997 

G. Simmel, “Individuo e gruppo”, Armando, Roma, 2006 

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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