Sei licenziato

sei licenziato

Contraddire il capo può portare brutte conseguenze

 

 

sei licenaita
Sei licenziata!

 

 

 

Primo episodio

Antonello è stato licenziato dal suo datore di lavoro, per motivi di cattiva comunicazione. Sul piazzale della ditta di autotrasporti, Antonello ha pensato bene di criticare il titolare, per la sua cattiva gestione. Il cosiddetto padrone non ha corrisposto emolumenti dovuti ai dipendenti, ha gestito le loro trasferte in maniera arbitraria e scorretta.

Numerosi dipendenti criticano perciò il “padrone”, ma senza farsi sentire, a bassa voce. Antonello ha dato libero sfogo alla rabbia, attaccando verbalmente il “padrone” in modo diretto. Antonello ha ricevuto una prima lettera di richiamo ufficiale dall’azienda. Non tutto è finito con la lettera.

In una seconda occasione, stavolta dentro gli uffici, Antonello ha criticato di nuovo il capo, che ha pronunciato l’ultima frase: sei licenziato.

Antonello ha avviato una pratica presso il competente ufficio sindacale di sua fiducia.

 

Secondo episodio

Mario è stato capo tecnico specializzato in impiantistica di precisione. Dopo quasi trent’anni di esperienza e tantissimi problemi risolti, credeva di essere ascoltato anche dai giovani dirigenti, di nuova nomina.

Uno di quelli, imberbe ingegnere appena assunto, voleva posizionare un costoso macchinario in un ricovero assieme a del materiale chimico altamente infiammabile. Mario si è subito opposto, facendo presente al giovane dirigente che la sua decisione era sbagliata. Mario si è assunto la responsabilità di spostare altrove, al sicuro, il costoso macchinario. Altri tecnici hanno sostenuto la decisione di Mario. Il giovane ingegnere si è appellato alla dirigenza aziendale, aprendo un contenzioso per insubordinazione di Mario.

La dirigenza ha consultato i soci, i quali si sono espressi a favore del giovane ingegnere, non perché avesse tecnicamente ragione, bensì perché Mario non ha obbedito agli ordini di un superiore.

Mario è stato destinato ad altro incarico, che ha avuto il sapore di un licenziamento.

 

Terzo episodio

Presso un grande ente di formazione emiliano, lavoravamo in molte decine di impiegati, come tutor e addetti alla gestione di corsi. Nella nostra filiale, lavorava (e forse ci lavora tuttora) una direttrice dai modi poco piacevoli.

Sebbene l’ambiente con i colleghi fosse tutto sommato tranquillo, la presenza della direttrice non metteva a proprio agio nessuno.

La dirigenza centrale cambiò l’assetto di lavoro, chiudendo dei corsi e aprendone altri, alcuni impiegati furono spostati a fare telefonate per tutto l’orario di lavoro. La “mission” era di aggiornare il data base dei clienti e proporre un nuovo pacchetto di corsi di formazione aziendale.

La situazione specifica di alcuni impiegati – con contratto precario, c’è da sottolinearlo – andò via via peggiorando, le ore di lavoro diventarono ogni giorno più noiose e improduttive. La dirigenza centrale mandò in ogni filiale una persona incaricata di “monitorare” l’andamento dei progetti e i risultati ottenuti. Quella persona avrebbe anche dovuto proporre metodi per migliorare il rendimento degli impiegati.

In realtà, nel nostro caso, la persona monitorante e la direttrice di filiale usarono i cattivi risultati per tentare di eliminare chi non era di loro gradimento. Quando fu chiaro che le due donne non erano minimamente interessate ad aiutare gli impiegati, ci fu un confronto.

L’accusa era che le telefonate per l’aggiornamento del data base e la proposta di nuovi corsi erano fatte male, per non dire “tirate via”. Mancavano tuttavia le prove, erano accuse del tutto teoriche, che prontamente rimandammo al mittente.

Non riuscendo nel loro intento, la direttrice di filiale fece comunque preparare le lettere di licenziamento, suffragate dalla seguente motivazione:

«con la presente siamo a comunicarle che, essendo sopravvenute condizioni oggettive (sostanziale ridimensionamento delle attività formative previste nel progetto oggetto della sua collaborazione) tali da non poter permettere il proseguo della collaborazione, la scrivente si trova nelle condizioni di dovere interrompere la collaborazione a far data da gg/mm/aaaa», firmato il consigliere delegato.

 

Sei licenziato
Caro tutor sei licenziato

 

Il potere aziendale

Pare che assumere posizioni di rilievo in azienda porti alcune persone ad ubriacarsi col (pseudo) potere.

Chi raggiunge posizioni di rilievo in azienda dovrebbe essere consapevole di essere al servizio e non a capo di un gruppo di schiavi. Pochi dirigenti imparano che i lavoratori sono più produttivi quando ricevono motivazioni e ascolto dalle alte sfere. La consuetudine rimane il trattamento gerarchico distaccato, venato di comunicazioni minacciose.

Se un dirigente prende in antipatia un inferiore di grado, farà sicuramene di tutto per metterlo in difficoltà, disinteressandosi dei risultati aziendali.

 

Sei licenziato
Ciò che piace a certi dirigenti: lo schiavo d’ufficio.

 

C’è un problema di comunicazione

È da entrambe le parti. Il lavoratore dovrebbe avere cura di non eccedere nelle proprie esternazioni, non per mancanza di coraggio bensì per non esporsi alle più che probabili invettive del dirigente.

A nostro avviso, il terreno delle interazioni di lavoro (o se vogliamo “professionali”) è cosparso di pericoli forse più di altri, pertanto è necessario

  1. fare attenzione a non raccogliere le provocazioni
  2. moderare i termini
  3. osservare sempre miti consigli.

Taluni dirigenti, di basso o di più alto livello, usano la comunicazione interpersonale tentando la provocazione. Il controllo delle informazioni dentro all’azienda è sempre di vitale importanza, per conservare anche il controllo sulle relazioni con i lavoratori. Ne abbiamo preso nota soprattutto di fronte ai dirigenti con mansioni a diretto contatto con impiegati semplici e manovalanza.

Certi dirigenti (inetti, aggiungiamo noi) tentano in ogni modo di occultare la propria inettitudine, mettendo a tacere i “sottoposti” con minacce verbali. Spesso gli impiegati vengono messi in competizione tra loro, confidando in un passo falso di qualcuno.

Quei dirigenti vogliono certamente conservare il loro posto di lavoro, qualche gradino sopra agli altri, e non accettano minimamente di intraprendere un percorso di miglioramento personale.

 

Malsana competizione

Nella nostra esperienza al terzo degli episodi narrati, ricordiamo che la direttrice di filiale soleva ripetere agli impiegati precari che «qui nessuno è indispensabile».

Complici le due gravi crisi economiche succedute dal 2008 al tempo attuale (crisi Lehmann And Brother e pandemia Covid-19), quelle parole virgolettate suonavano come monito a chi volesse prendersi qualche libertà in più del dovuto. Il mercato trabocca di disoccupati che potrebbero sostituire i riottosi.

 

Comunicazione moderata

Usare consapevolmente i propri filtri alla comunicazione può rappresentare un primo e utile metodo per sottrarsi ai guai.

Il caso di Antonello, al primo episodio narrato, è emblematico di una situazione insostenibile e mal gestista. Non affermiamo che Antonello sbagliasse a protestare contro il suo datore di lavoro (disonesto a sua detta), sottolineiamo invece che Antonello ha sbagliato (purtroppo) i modi delle sue esternazioni. Altri suoi colleghi si sono ben guardati dall’affrontare a muso duro il datore di lavoro, hanno evitato di insultarlo in pubblico. Antonello è stato coraggioso ma anche parecchio avventato.

La prassi, così come chiunque potrebbe osservare, è conservare una comunicazione moderata, controllata nei toni e nelle parole. La rabbia fa brutti scherzi, dall’altra parte il contendente non aspetta altro che di raccogliere i frutti delle sue provocazioni.

 

Insubordinazione?

L’episodio numero due dimostra quanto poca sia l’umiltà di certe persone che ricoprono incarichi dirigenziali.

La gerarchia aziendale non fornisce tout court l’onniscienza, non salva dal peccare di inesperienza. Coprire i propri errori accusando uno specialista di insubordinazione riporta alla mente ciò che accadeva nei fallimenti durante la Grande Guerra.

In certe occasioni si parla di evitare di bruciare un macchinario, in altre si scopre che in azienda si chiudono gli occhi davanti alla sicurezza sul lavoro.

 

 

 

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Pubblicato da Il Sociale Pensa

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