La Prussia

Il corpo degli ufficiali costituiva l’anima dell’esercito. Esso era tratto preferibilmente e quasi per intero dalla nobiltà, ma non ne erano escluse le altre classi sociali. La loro preparazione professionale si svolgeva nell’unica scuola dei Cadetti di Berlino. Quando Federico prese le redini del governo, gli ufficiali, specie i capitani, erano ottimi: maturi, solidi e bravi. Egli si propose di avere “pochi ma buoni generali, non troppi ufficiali e molti soldati”.

L’esercito aveva una forza notevole. In confronto con la Francia, assai più ricca e potente, che teneva sotto le armi non più di 150 mila uomini e dell’Austria che ne contava da 80 a 100 mila, il piccolo regno prussiano, con una popolazione di 2.240.000 anime, aveva 76 mila uomini in armi, dei quali 26 mila erano stranieri.

Fu con questo magnifico strumento, predisposto dal padre suo, che Federico poté attuare gli alti propositi che maturava nella sua mente, assai diversi da quanto potevano attendersi coloro che lo attorniavano nella corte e nell’esercito. Egli, malgrado il distacco spirituale che fu tra lui e il padre finché questi visse, ne riconobbe i grandi meriti scrivendo: “tutta la mia fortuna derivò dalla vita operosa e dalle sagge misure di Federico Guglielmo”.

L’attività e le cure del re Federico Guglielmo non furono rivolte solamente all’organizzazione delle forze militari, ma a tutti gli altri rami dell’amministrazione pubblica, nei quali portò un alto senso di moralità e giustizia, ordine e grandi economie. Soprattutto mirò a riformare l’amministrazione, sopprimendo le dissipazioni e le spese inutili. Abolì le cariche parassitarie a Corte: in luogo di cento ciambellani ne volle soltanto dodici; gli altri destinò all’esercito e ad altri uffici statali.

Riformò l’amministrazione della giustizia, di polizia, la finanza, sorvegliando l’esazione delle imposte e impedendo gli illeciti profitti. Ridusse la lista delle sue spese, dicendo che un Re deve essere avaro dei beni e del denaro del suo popolo. “Dette l’esempio – scrisse suo figlio – di un rigore e di una parsimonia degne dei primi tempi della repubblica romana. Nemico delle pompe e delle esteriorità imponenti della monarchia, nella sua virtù storica, rinunciò alle ordinarie comodità della vita”.

Diffuse l’istruzione istituendo l’obbligo scolastico; migliorò l’agricoltura; accrebbe le entrate dello Stato, che raggiunsero i sette milioni di talleri, lasciando il tesoro con un avanzo di circa nove milioni di talleri.

Tratto da Gen. Salvatore Pagano “Le guerre di Federico II”, 1939 Zanichelli Bologna, pag. 19-31

Pubblicato da Il Sociale Pensa

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