La Prussia

Egli conobbe personalmente l’animo del soldato, verso il quale nutriva grande benevolenza. “Siate suo padre e non suo carnefice – scrisse – abbiate di lui somma cura; che egli riceva regolarmente viveri e soldo. Parlate al soldato – generali o sottufficiali che siate – sia passando fra le tende al campo, sia in marcia, sia tra i pericoli della guerra; sorvegliate il rancio; fate insomma tutto ciò che è possibile per sollevare il soldato materialmente e moralmente”.

Alla truppa si dovevano risparmiare fatiche inutili; e in ogni caso spettava agli ufficiali dare l’esempio, sia nelle privazioni, sia nell’affrontare il pericolo della battaglia: il soldato acquistava così fiducia nel superiore e si esponeva nel combattimento con lieto animo. Il fante, mercenario o di leva, non era mai lasciato ozioso, ma lo si impiegava sempre, anche in lavori e operazioni minute. Tre ore di esercizio al giorno, con pause di riposo; progressione nell’addestramento, dai movimenti semplici a quelli più complessi. Ordine, precisione, vivacità, movimenti a scatto ammirevoli. Silenzio assoluto e correttezza irreprensibile nell’uniforme. Gli ufficiali al comando; i sottufficiali in serrafile per correggere e mantenere rigide le righe. Questo l’addestramento formale e disciplinare. Si eseguivano poi nell’estate esercitazioni d’insieme di tutte le armi, con forze numerose, preparate e condotte come in guerra, con grande discernimento, metodo e profitto.

La cavalleria prussiana, ereditata da Federico, non aveva caratteristiche speciali, eccetto l’alta statura degli uomini, montati su grandi cavalli (Federico Guglielmo ebbe una specie di mania per i soldati di alta statura e per averli, arruolando mercenari, egli che pure era piuttosto taccagno, non badava a spese. In alcuni reggimenti di cavalleria non c’erano soldati di statura inferiore a mt. 1,70 e per una recluta di 5 piedi (mt. 1,80) si pagavano 1.000 talleri. Federico così scrisse della cavalleria di suo padre: “essa era composta di uomini altissimi montato su cavalli enormi cavalli: erano colossi su elefanti che non sapevano né manovrare né combattere”). Essa caricava in linee continue su tre righe, facendo precedere alla carica di fuoco. Raramente caricava al galoppo, per lo più al trotto, con andatura lenta, a tutto danno dell’azione d’urto. Federico ne vide subito i difetti e vi apportò radicali trasformazioni, in base alle prime esperienze di guerra: vietò quindi di far fuoco e fece caricare al galoppo, indirizzando così l’azione di quest’arma alla sola potenza d’urto. Per dotare la cavalleria del fuoco, che, pur con l’aumentata celerità della carica al galoppo, restava necessaria per scompigliare le ordinanze nemiche, Federico, dopo la Guerra dei Sette Anni (1756-1763), istituì l’artiglieria a cavallo. Lo squadrone della cavalleria era suddiviso in due compagnie, che avevano ciascuna una settantina di cavalieri.

L’artiglieria prussiana era di due calibri, da 12 e da 6 libbre, i quali componevano la batteria in eguale proporzione. Ogni Batteria aveva otto pezzi, con una gittata massima di 400 mt. Un certo numero di pezzi leggeri, detti alla svedese, erano assegnati ai reggimenti di fanteria (..). L’arma godeva di poco prestigio, perché disseminata sulla linea e quasi non costituiva arma a sé: gli ufficiali provenivano dalle varie classi sociali e Federico non l’apprezzava molto anche per l’intralcio che apportava nei movimenti, date le difficoltà di traino per la qualità scadente dei cavalli di requisizione e le deplorevoli condizioni della viabilità in quell’epoca. “Per quanto non sia comoda l’artiglieria – egli scriveva – bisogna tuttavia ammettere il sistema di averne molta; io ho aumentato la mia, ed essa supplirà e provvederà a ciò che ancora manca alla fanteria”. L’aumento però fu introdotto durante la Guerra dei Sette Anni e fu consigliato dalla necessità di supplire con l’aumento del fuoco, alla diminuzione del numero e delle qualità della fanteria.

Il corpo del genio era di forza limitata e per l’organizzazione dei lavori difensivi disponeva di una trentina di ingegneri militari. La conformazione delle frontiere dello Stato, che non si prestavano ad una sistemazione difensiva e il genere di guerra che Federico predilesse, non fecero sentire la necessità di ricorrere alla fortificazione e in conseguenza a truppe del genio più numerose e meglio organizzate.

Pubblicato da Il Sociale Pensa

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